Ieri, 25 maggio 2016, la Camera ha finalmente apposto il suo sì in via definitiva, senza modifiche, alla riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e del servizio civile universale. Trasmessa lo scorso 30 marzo dopo l’approvazione con modifiche da parte del Senato, la Camera la approva con 239 voti a favore e 78 contrari.
L’iter del provvedimento iniziava due anni fa. Nel maggio 2014, il Governo aveva predisposto le linee guida per la Riforma del Terzo settore al fine di realizzare un’organica revisione della legislazione in tema di volontariato, cooperazione sociale, associazionismo non-profit, fondazioni e imprese sociali. A seguito di una consultazione pubblica sulle linee guida della riforma, il Consiglio dei Ministri approvava il disegno di legge delega per la riforma del Terzo settore nel luglio 2014, per presentarlo alla Camera il 22 agosto successivo.
Come di consueto, dovremo aspettare i decreti attuativi per la disciplina di alcuni punti salienti previsti dal provvedimento, come per esempio quelli che specificatamente andranno ad individuare le attività di interesse generale che caratterizzano gli enti del Terzo settore. Ma almeno un risultato è stato raggiunto, visto che per la prima volta dopo venti anni siamo in presenza di una legge che disciplina il terzo settore, che lo distingue dallo Stato e dal privato e che ne specifica le regole e le caratteristiche.
Infatti, l’art. 1 della riforma definisce cosa è il Terzo settore, per il quale si intende «il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività di interesse generale, mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi». Si sottolinea anche cosa non è Terzo settore, ovvero le formazioni e le associazioni politiche, i sindacati, le associazioni professionali e di rappresentanza di categorie economiche, ma neanche le fondazioni bancarie, quest’ultime aggiunte da una modifica al testo da parte del Senato.
Terzo Settore, le novità della riforma
Tra le novità più interessanti troviamo il riordino della disciplina in materia di impresa sociale (art. 6), coerente all’importanza sempre maggiore assunta dall’economia civile all’interno del dibattito pubblico, e la revisione del Servizio civile nazionale (art. 8). I principi e i criteri direttivi definiti dalla riforma, che dovranno guidare il Governo nell’emanazione dei decreti in tema di servizio civile, prevedono l’istituzione del servizio civile universale, «finalizzato alla difesa non armata della patria, e alla promozione dei valori fondativi della Repubblica», come l’istruzione, la sanità, l’ambiente, l’integrazione, lo sviluppo e la valorizzazione del patrimonio culturale. Non cambia, nella riforma, l’indennità prevista per il volontario (433,80 euro al mese netti). Ma cambia la platea potenziale, visto che vengono inclusi anche gli stranieri che risiedono in Italia da almeno cinque anni. Inoltre, con la riforma del Terzo settore, i volontari avranno la possibilità di trascorrere almeno due mesi del loro servizio o in una regione diversa o in un altro Stato europeo.
Infine, l’art. 10, inserito al Senato, istituisce la “Fondazione Italia Sociale”, una fondazione di diritto privato con finalità pubbliche, che avrà il compito di sostenere «la realizzazione e lo sviluppo di interventi innovativi da parte di enti del Terzo settore, caratterizzati dalla produzione di beni e servizi con un elevato impatto sociale e occupazionale e rivolti, in particolare, ai territori e ai soggetti maggiormente svantaggiati».
Per il 2016, alla Fondazione è stata assegnata una dotazione iniziale di un milione di euro, al cui finanziamento si è provveduto con corrispondente riduzione delle risorse che la stabilità 2015 ha destinato alla Riforma del Terzo settore. Per quanto riguarda l’impiego di risorse provenienti da soggetti privati, la Fondazione dovrà rispettare il principio di prevalenza, svolgendo una funzione sussidiaria e non sostitutiva dell’intervento pubblico.
Camilla Ferrandi