Elezioni Usa: tutti gli insulti di Donald Trump ai suoi avversari
Elezioni Usa: tutti gli insulti di Donald Trump ai suoi avversari
Il mondo è preoccupato per le sparate di Donald Trump. Questo, in sintesi, il pensiero espresso nel corso dell’ultimo G7 in Giappone da Barack Obama, il quale ha nuovamente attaccato il candidato repubblicano che, in caso di trionfo alle elezioni di novembre, potrebbe succedergli alla presidenza degli Stati Uniti. “Gli altri leader sono scossi da Trump e hanno buone ragioni per esserlo”, ha detto Obama in conferenza stampa, sottolineando come molte delle proposte del magnate dimostrino “o l’ignoranza delle questioni mondiali o una sprezzante attitudine o interesse nell’ottenere tweet e titoli in prima pagina”.
Elezioni Usa: tutti gli insulti di Donald Trump ai suoi avversari
E in effetti la via percorsa da Trump per agguantare la nomination repubblicana – proprio ieri il tycoon ha raggiunto (e superato) la fatidica soglia dei 1.237 delegati necessari – è lastricata di dichiarazioni shock in tema di politica interna ed estera, ma soprattutto di commenti al vetriolo indirizzati ad avversari, media ostili e chiunque abbia provato a mettersi di traverso tra lui e la poltrona più ambita al mondo.
Sul sito del New York Times – giornale che sta conducendo una campagna mediatica molto critica nei confronti di Trump: basti pensare alla recente inchiesta circa lo “spigoloso” rapporto tra il magnate della Grande Mela e l’universo femminile, basata su rivelazioni fornite da alcune sue ex dipendenti e collaboratrici – è in costante aggiornamento una pagina che contiene la lista completa delle “224 persone, luoghi e cose che Donald Trump ha insultato su Twitter”. Nel database ci sono praticamente tutti i protagonisti della politica e dell’informazione a stelle e strisce: da Hillary e Bill Clinton agli altri candidati alla presidenza su sponda democratica (Bernie Sanders) e repubblicana (Ted Cruz, Jeb Bush, ecc.), passando per l’attuale inquilino della Casa Bianca – a cui si aggiungono tutte le principali testate giornalistiche del Paese.
Appiccicare nomignoli e aggettivi (nel migliore dei casi buffi, nel peggiore offensivi) ai suoi “nemici” con l’intento di schernirli è un modus operandi frequentato con una regolarità quasi ossessiva da Trump nella sua comunicazione. “Crooked” (corrotta, disonesta) è l’aggettivo che Trump ha stampato addosso a Hillary Clinton, la quale, per i supporter del magnate newyorkese, è ormai diventata “Crooked Hillary”, proprio come Ted Cruz – l’ex sfidante per le primarie repubblicane – era diventato “Lyin’ Ted” (“Ted il bugiardo”), ripetuto a mo’ di mantra da Trump in ogni occasione. E se l’espressione più utilizzata dall’imprenditore per evidenziare la scarsa verve di Jeb Bush (altro ex candidato per la nomination conservatrice) era “low energy”, l’inefficacia e l’inesperienza di Marco Rubio sono state cristallizzate da Trump nell’aggettivo “lightweight” (“peso leggero”, in senso letterale, ma anche “mezzacalzetta”).
Una delle new entry in questa speciale classifica è Elizabeth Warren, senatrice del Massachussets di origine pellerossa, da molti data come principale candidata alla poltrona di vice di Hillary Clinton per il futuro ticket democratico alle presidenziali ed etichettata da Trump come “goofy” (sciocca, stupida). La locuzione che ricorre più spesso negli attacchi di Trump alla classe politica statunitense – dalla quale il candidato conservatore non manca mai di rimarcare la propria estraneità – è “all talk no action”, formula magica (il cui significato letterale è “tutta chiacchiera e niente azione”) che potrebbe trovare il suo equivalente italiano nel sempreverde “politici di professione”.
Ma il bersaglio preferito di Trump è l’intero mondo dell’informazione made in Usa, dallo stesso New York Times al Washington Post e Vanity Fair, dalla Cnn alla Fox: nell’attaccare la carta stampata, Trump fa leva sull’aspetto economico e sull’emorragia di lettori di quest’ultima (“failing”, “money losing”); “dishonest” è invece la principale accusa indirizzata a televisioni e media mainstream in generale. E dal momento che ancora sei mesi ci separano dalle elezioni generali di novembre, la lista dei nemici di Trump potrebbe ulteriormente allungarsi.