Libano: la rivendita di alimenti e i sospetti sugli italiani
Libano: la rivendita di alimenti e i sospetti sugli italiani
Un’inchiesta di El Pais punta i riflettori sulla missione Unifil in Libano, mettendo in luce “la rivendita illegale”, presso i supermercati del posto, degli alimenti destinati a uso e consumo delle truppe. Il quotidiano spagnolo scrive di un coinvolgimento attivo e diretto fra i contingenti più numerosi presenti nel paese, ossia i militari ghanesi (870) e quelli italiani (1.206). Le due inchieste in atto sono state attestate in questi giorni dal direttore generale del ministero libanese, Alia Abbas e da Andrea Tenenti, portavoce di Unifil, che ha confermato lo svolgimento delle indagini interne a seguito delle denunce effettuate sull’illecito; intanto l’Ansa ha riportato anche le dichiarazioni del procuratore militare di Roma, Marco De Paolis, che si è pronunciato circa la necessità «di acquisire le informazioni» e «stabilire se sussistono profili di rilevanza penale militare».
Libano: la rivendita di alimenti e i sospetti sugli italiani
I giornalisti di El Pais hanno dipanato i fili delle modalità tramite cui avveniva la rivendita illegale: a partire dal magazzino centrale di Kasmiyeh venivano effettuati i carichi destinati al trasporto degli alimenti verso i 21 centri di distribuzione; tra gli autisti dei camion e i caschi blu coinvolti nell’inchiesta si ipotizza una collaborazione circa la quantità di alimenti in eccedenza destinati al consumo delle truppe che – punto chiave della truffa – sarebbero state invece rivendute verso l’esterno, nei mercati libanesi. A riprova di ciò, sarebbero state trovate, nei pressi di Beirut, delle confezioni di gamberi surgelati recanti ancora l’etichetta con l’avviso di destinazione esclusiva al consumo delle truppe ONU della missione. L’inchiesta stima cifre imponenti, per un danno di circa 4 milioni di euro in cinque anni.
Le dichiarazioni che incriminano l’operato di alcuni caschi blu provengono da R. D., testimone chiave dell’inchiesta nonché supervisore della distribuzione per conto di un’azienda subappaltatrice dell’italiana Es-Ko (che per 10 anni ha vinto le gare d’appalto per l’acquisto e la distribuzione di cibo destinato ai soldati). La versione di R. D. è stata confermata anche da altri sei dipendenti.
Due giorni fa è arrivato il comunicato dello Stato maggiore della Difesa, che ha dichiarato l’estraneità del contingente italiano, precisando che «le indagini sono in corso e al momento il personale del contingente militare italiano risulta estraneo a tale vicenda».
Daniele Barresi