Silenzio elettorale questo sconosciuto
The sound of silence. Il suono del silenzio, capolavoro di Simon & Garfunkel, è, in queste ore nelle quali milioni di italiani sono chiamati alle urne in 1346 comuni, soprattutto il suono del silenzio elettorale. Nessun comizio. Nessuna forma di volantinaggio. Niente comunicati stampa. Si deve tacere. Una pausa di riflessione che serve, almeno nell’intento della legge, a raffreddare gli animi e schiarire le idee degli elettori. Ma è davvero così? I candidati rispettano il silenzio elettorale o tentano di aggirarlo?
Silenzio elettorale questo sconosciuto
La legge n. 212 del 4 aprile 1956 disciplina la propaganda elettorale e che, all’articolo 9, così stabilisce: “Nel giorno precedente ed in quelli stabiliti per le elezioni sono vietati i comizi, le riunioni di propaganda elettorale diretta o indiretta, in luoghi pubblici o aperti al pubblico, la nuova affissione di stampati, giornali murali o altri e manifesti di propaganda”. La legge è stata arricchita e definita dal divieto di propaganda televisiva sancito dalla legge del 6 dicembre 1984. Tutto chiaro, quindi, anche se la stessa legge può essere intrepretata in altro modo: cosa non è vietato fare ai candidati? Cioè, essere invitati e partecipare al Festival Dell’Economia che si svolge in queste ore a Trento significa rompere il silenzio elettorale?
Per molti parrebbe di sì. Ecco allora la candidata M5S Virginia Raggi essere messa sotto accusa per aver accettato l’invito di Tito Boeri, presidente dell’Inps e direttore scientifico del Festival dell’Economia di Trento. La candidata a sindaco di Roma ieri si è presentata sula palco del Festival dove “parlerà di periferie nell’ambito del forum sul rapporto tra centro e periferie”. Stesso polverone si era alzato per la presenza del premier Matteo Renzi nel 2014 alla vigilia del voto sul Parlamento Europeo.
Come dimenticare poi Silvio Berlusconi che nel 2013 viola il silenzio stampa mentre era in visita a Milanello. Nel corso della conferenza stampa nel quartier generale rossonero, l’ex cavaliere non si limita a parlare del “club più titolato al mondo”, ma spara a zero sulla magistratura “una mafia più pericolosa di quella siciliana“.
Casi che evidenziano le maglie larghe di una legge che nell’epoca della permeabilità dei social network, email marketing, e altri strumenti di propaganda sul web dovrebbe essere oggetto di un aggiornamento che chiarisca le troppe ambiguità interpretative che permangono.
Andrea Ficchì