Il prossimo 19 giugno i ballottaggi potrebbero essere decisi da un fattore che nulla ha a che vedere con i colori politici delle parti in gioco. Stiamo parlando del PIL e di conseguenza della situazione economica in cui versa l’Italia in questo momento.
Sarà un fatto determinante soprattutto a Roma, dove non a caso, il M5S ha sfondato nelle periferie. I grillini si sono fatti portavoce del disagio sociale dei romani che non hanno lavoro, dei giovani ancora a casa con i genitori, delle famiglie che non riescono ad arrivare a fine mese.
Ballottaggi, il Pil conta
“Per carità, il quesito sulla riforma del bicameralismo ha un valore storico nell’infinita transizione politica italiana – ha affermato Dario Di Vico sul Corriere della Sera – ma nessuna campagna dall’alto e nessun guru venuto dall’America potrà impedire al Pil di votare. Nessuno potrà pretendere che dopo i lunghi anni della Grande Crisi le persone si rechino al voto con la testa completamente sgombra rispetto alle ansie legate non a un ciclo economico particolarmente sfavorevole ma a cambiamenti epocali che investono il modo stesso di «vivere» il capitalismo”.
Ballottaggi, le mosse del governo
Il premier Renzi ha subodorato la cosa e ha provato a metterci una toppa prima annunciando “il non aumento dell’Iva nel 2017” e poi ricordando che “dall’agosto 2016 al marzo 2017 ci giochiamo la capacità italiana di fare il sorpasso su un modello sbaglio come l’austerity”.
Giovedì 16 verrà celebrata l’abolizione dell’Imu. In mille piazze d’Italia saranno allestiti banchetti PD per festeggiare la fine della tassa sulla casa. Basterà ad attrarre il voto degli indecisi?
I sondaggi non sembrano premiare lo sforzo del governo. Secondo una rilevazione Index Research per Piazza Pulita il 73,1% degli italiani non vede un miglioramento della situazione economica del Paese. E non è ottimista nemmeno per il futuro. Secondo il 72,2% degli intervistati, la situazione rimarrà uguale anche il prossimo anno.
Gli italiani prima di tutto chiedono al governo di abbassare le tasse a tutti (56%) di investire in opere pubbliche (24%), di alzare le pensioni minime (21%) e di permettere ai lavoratori di andare in pensione prima (18%).
A queste richieste l’esecutivo vuole rispondere. Per questo ha già messo in cantiere diversi progetti, dalla flessibilità in uscita sulle pensione ad un taglio anticipato dell’imposta sulle persone fisiche.
“Tutti questi progetti costano almeno 7,5 miliardi di deficit in più che non sono ancora stati contabilizzati – fa notare il Corriere – finirebbero quindi per pesare sul disavanzo. Tutto questo, naturalmente, senza contare altri oneri da almeno due miliardi dovuto al rifinanziamento delle missioni all’estero, alla revisione del contratto degli statali e all’estensione del bonus da 80 euro alle forze dell’ordine (già concessa ma per ora non finanziata)”.