Referendum Brexit, tra sondaggi e bookmakers: come andrà a finire?
Remain or Leave? Risulta ancora piuttosto difficile effettuare delle previsioni su come andrà a finire il cosiddetto referendum Brexit, ovvero sull’ipotesi di uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, che si terrà il prossimo 23 giugno. Un’incertezza causata sia dai sondaggi – e dalle diverse tipologie di rilevazioni effettuate – che dalle previsioni dei bookmakers, strumento diffusissimo oltremanica ormai su qualsiasi tema di attualità (e non solo).
Come sottolineato dal Financial Times (FT), stando ai sondaggi la situazione sembra complessivamente e tendenzialmente a favore del “remain”, ovvero della permanenza UK all’interno dell’UE. Tuttavia, la situazione varia a seconda del tipo di rilevazioni effettuate. Se infatti i sondaggi di natura telefonica tratteggiano un discreto quanto solido vantaggio da parte del “remain” durante tutto il 2016 – un vantaggio ridottosi rispetto al primo trimestre ma rimasto poi sostanzialmente invariato da aprile ad oggi – le rilevazioni condotte sul web invece prefigurano ormai da mesi un vero e proprio testa a testa.
A diversificare i risultati, secondo FT, contribuisce anche il meccanismo di impostazione delle domande, che mentre per le interviste web prevede la presenza di tutte le opzioni di scelta, sul piano delle rilevazioni telefoniche non sempre viene esplicitata la possibilità di scegliere opzioni come “non so” o “preferisco non rispondere”, a meno di esplicita risposta da parte dell’intervistato.
Ad ogni modo, ciò che risulta evidente – secondo FT – è lo spostamento della media sondaggi verso il “remain” se si prendono in esame intervalli di tempo in cui è stata effettuata (e pubblicata) una maggioranza di sondaggi telefonici, a scapito di quelli via web.
Referendum Brexit: tra sondaggi e scommesse
Analizzando 5 degli ultimi sondaggi effettuati sul tema – 3 online e 2 telefonici – FT ha appurato una tendenza di fondo. I dati grezzi – con la sola esclusione dei “non so” – vedono una prevalenza di fondo del “remain” in 4 sondaggi su 5 (ORB, Survation, YouGov ed Opinium, ad eccezione di BMG). Un valore che però cala se si opera una esclusione progressiva della fetta di elettori ancora indecisi se recarsi o meno alle urne. In particolar modo, è evidente il “recupero” del “leave” prendendo in esame unicamente coloro che sono certi di votare: in questo caso l’opzione diventa maggioritaria in ben 3 sondaggi su 5, mentre negli altri due (ORB e Survation, gli unici due condotti per via telefonica) resta minoritaria, pur recuperando dai 2 ai 6 punti percentuali rispetto ai dati grezzi.
Quale potrebbe essere un metodo per provare a ridurre l’incertezza sulle previsioni elettorali? FT tira in ballo le quote dei bookmakers, che nelle ultime settimane prima del voto alle politiche del 2015 videro schizzare letteralmente in alto la probabilità di successo dei Conservatori, sebbene sino a pochi giorni dal voto l’ipotesi più concreta fosse quella di un successo senza maggioranza assoluta di seggi, eventualità smentita poi dalle urne.
Nel caso della Brexit, gli scommettitori danno al “remain” una probabilità del 72%, con un valore mantenutosi quasi ininterrottamente al di sopra del 70% nelle ultime 7-8 settimane.
L’idea è che avere a che fare con la possibilità di perdere o meno una quota di denaro potrebbe in qualche modo ridurre il bias presente nei sondaggi e fornire dati più attendibili. Tuttavia, c’è un problema: gli allibratori determinano le quote in base al flusso di scommesse. Il quale, per orientarsi, risente inevitabilmente di diversi fattori, tra cui appunto i dati provenienti dai sondaggi. Morale della favola: per qualsiasi previsione, appuntamento rimandato al 23 giugno.
(immagini tratte dal Financial Times)