Referendum Costituzionale: Renzi pensa al rinvio?
Il premier Matteo Renzi starebbe pensando di posticipare il referendum costituzionale sulla riforma Boschi. A dirlo è il quotidiano La Stampa, che evidenza due principali motivi per un ipotetico rinvio: la necessità di perfezionare la propaganda per il “sì” e di sistemare la tenuta dell’esecutivo post-referendum.
Come spiegato infatti da Fabio Martini, il premier – che ha nettamente personalizzato, “forse pentendosene”, il quesito referendario – già da qualche giorno stava pensando di posticipare la consultazione di almeno una settimana. Ma ora in realtà le cose potrebbe essere un po’ diverse.
Renzi è stato chiaro con i suoi: «Dopo la direzione di venerdì esisterà solo il referendum». E il partito stesso sarà chiamato a «riconvertirsi»: per tre mesi la macchina del Pd, quel che resta della vecchia macchina, sarà mobilitata per sostenere il «sì».
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Nelle settimane scorse Renzi aveva buttato lì una data, il 2 ottobre. Poi, qualche giorno fa, con nonchalance, ha fatto fugaci accenni ad altre date, «il 9 o il 16 ottobre». Ma dopo la sconfitta elettorale nei due turni amministrativi, Renzi si è fatto due conti e sta valutando l’ipotesi di un posticipo più corposo. Se si votasse ai primi di ottobre, escludendo il mese di agosto, per la campagna referendaria resterebbero a disposizione una settantina di giorni.
Ecco perché il presidente del Consiglio ha cominciato ad accarezzare l’idea di far slittare il referendum fino al 23 o al 30 ottobre. Un modo per poter disporre di tre, quattro settimane in più: dopo il cambio di «umore» nel Paese palesato nelle amministrative, poter disporre di quasi un mese in più, potrebbe essere utile per dispiegare meglio la campagna a favore del «sì».
Un altro motivo, secondo Martini, sarebbe la tenuta dell’esecutivo, con NCD pronta ad appoggiare il governo sino al referendum.
il Nuovo centro destra appoggerà lealmente il governo fino al referendum di autunno, ma a quel punto «finirà la natura istituzionale del governo» e dunque si porrà il problema della permanenza del partito nell’esecutivo, nel caso in cui Renzi non intenda rivedere l’Italicum, consentendo la possibilità ai partiti di coalizzarsi. Renzi per ora non ha risposto e ha ricominciato a premere l’ala dell’Ncd (Schifani e Lupi) che vorrebbe tornare con Forza Italia.
Referendum Costituzionale: Renzi punta a “spersonalizzare” la consultazione
Intanto, potrebbero già essere in atto manovre per derubricare l’importanza del referendum costituzionale, svincolandolo dalla permanenza di Renzi a Palazzo Chigi. Imitare il cosiddetto “format Cameron” – cioè seguire il premier britannico che, pur sostenitore del “Remain, ha dichiarato di non volersi dimettere in caso di vittoria del “Leave” nel referendum Brexit – sembra però al momento un’ipotesi seccamente smentita dall’entourage di Renzi, secondo Martini. Ciò che è certo, secondo Huffington Post, è che il premier non userà più l’arma della personalizzazione del referendum.
Nella enews il referendum non è più “la madre di tutte le sfide”. Renzi la mette sul merito. Non c’è spazio per la frase che in questi mesi ha accompagnato quasi sempre i ragionamenti del premier sul tema: “Se perdo vado a casa”. Ora i suoi giurano che lui non dirà mai il contrario: significherebbe perdere comunque, almeno a livello di immagine. Ma di certo non la metterà più in questi termini, almeno lo sforzo è quello. Al massimo Renzi insisterà sul fatto che “senza questa riforma, torneremmo all’ingovernabilità. Agli inciuci del giorno dopo”, come fa oggi nella enews. E’ un argomento che considera ancora molto valido per la campagna del sì, visto che è chiaro a tutti in Parlamento che in caso di sconfitta nascerebbe un altro governo per riformare la legge elettorale: l’Italicum infatti non è applicabile al Senato, che continuerebbe a vivere se le riforme fossero bocciate.