Si può ancora fermare la Brexit?
“No need for haste”, non c’è fretta, ha detto ieri Boris Johnson, de facto leader del fronte Leave, a proposito dell’attivazione dell’articolo 50 del Trattato di Lisbona, quello che regola la separazione di uno stato dall’Unione Europea. Da Bruxelles, invece, si chiede di dare il via alla procedura “il prima possibile” e, in effetti, nonostante le parole dell’ex sindaco di Londra, il comitato pro Brexit starebbe studiando un piano che culminerebbe con l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue già nel 2019, a dispetto delle previsioni che inquadrano in un periodo di 7-10 anni la negoziazione.
Si può ancora fermare la Brexit?
Tuttavia, i pro Remain sembrano non voler arrendersi al risultato dell’ultimo referendum e stanno cercando in tutti modi di impedire che si compia l’uscita dall’Ue tanto epocale quanto incerta e insidiosa. Ma una domanda sorge spontanea a questo punto: la Brexit si può ancora evitare?
Vediamo qualche caso:
1) Il Parlamento respinge la Brexit
Come ricordavamo qualche giorno fa, quello del 23 giugno era un referendum “consultivo”, dunque, non giuridicamente vincolante. Il Parlamento inglese potrebbe semplicemente ignorare l’indicazione popolare. Per fare chiarezza: prossimamente al premier toccherà portare la questione al Parlamento che quindi dovrà esprimersi sull’intenzione di recedere dall’appartenenza all’Ue. Se il Parlamento si esprime, appunto, in linea con i risultati del referendum, viene inviata notifica al segretario generale del Consiglio Europeo, dopodiché, i capi di governo e di stato Ue, escluso quello britannico, dovranno accettare all’unanimità la notifica, altrimenti non potranno partire i negoziati che dovrebbero terminare con la firma del cosiddetto «accordo di recesso». Tuttavia, alla fin fine, i deputati inglesi potrebbero anche “bocciare” la consultazione, per dir così. Per quanto questa opzione possa rappresentare un “suicidio politico” è pur sempre da tenere in considerazione.
2) Nuove modalità di appartenenza
Corollario del primo punto: potrebbe verificarsi anche il caso in cui il premier, David Cameron come il suo successore, riceva mandato dal Parlamento di negoziare con l’Ue nuove modalità di permanenza. Si eviterebbe il precedentemente detto “suicidio politico” indicendo un altro referendum una volta raggiunto l’accordo. Nel frattempo, la procedura d’uscita risulterebbe per forza di cose “congelata”.
3) Elezioni
Inoltre, bisogna considerare che le dimissioni di David Cameron aggiungono un’altra variabile fondamentale all’equazione: la scelta del prossimo premier. L’alta tensione che si respira tra i Tories potrebbe portare a trattative difficili in questo senso, talmente difficili da poter addirittura sfociare in un nulla di fatto. L’unica via praticabile in tal evenienza sarebbe quella delle elezioni politiche. In attesa della formazione di un nuovo governo la Brexit non potrebbe non essere “sospesa”.
Si può ancora fermare la Brexit?
4) Nuovo premier
Tuttavia, ricorrere all’urna elettorale è solo una possibilità e neanche la più probabile. Infatti, si metterebbe la proverbiale pietra, almeno temporaneamente, sulla Brexit anche nel caso in cui i Conservatori a favore del Remain, una buona fetta del partito, riescano a trovare un compromesso mettendo un leader della fronda pro “Leave”, per esempio Boris Johnson o il ministro della Giustizia Micheal Gove, a Downing Street solo a patto di veder ritirato il suo sostegno alla causa dell’uscita dall’Ue del Regno Unito.
5) Referendum scozzese
Nicola Sturgeon, premier scozzese, alla comunicazione dei risultati ufficiali della votazione sulla Brexit si è affrettata a chiarire che un nuovo referendum sull’indipendenza della Scozia “must be on the table and it is”. In seguito ha aggiunto che farà qualsiasi cosa, referendum o no, per mantenere Edimburgo nell’Ue. Nell’eventualità in cui le autorità inglesi volessero dare la precedenza alla seconda consultazione scozzese sull’indipendenza, con tutti i problemi politici ma anche logistici che ciò comporta, il corso della Brexit verrebbe sicuramente messo in stand-by.
6) Petizioni e nuovo referendum
Doveroso aprire un capitolo “petizioni e nuovo referendum”, da chiarire al riguardo che, almeno per il momento, siamo nel campo degli “abbozzi di tatticismi” e non in quello dei veri e propri piani per evitare la Brexit. Detto ciò, oltre un milione e mezzo di cittadini britannici ha firmato una petizione che chiede di votare sull’epocale quesito con nuove regole ossia la decisione non viene presa se non si raggiunge un’affluenza pari o superiore al 75% dei votanti e nessuna delle proposte incassa oltre il 60% delle preferenze. Il precedente ci sarebbe, pure “doppio”, e non bisogna andare tanto lontano in termini di spazio-tempo: l’Irlanda ha approvato il Trattato di Nizza per via referendaria nel 2002, una consultazione dell’anno precedente aveva visto l’affermazione dei contrari. Sempre dalle parti di Dublino, nel 2008, si è votato un referendum sul Trattato di Lisbona: vinse il 53,4% degli irlandesi contrari. L’anno successivo, invece, il 61,2% del paese disse sì al Trattato.