Il Consiglio Europeo ha deciso di imporre misure restrittive ad undici persone e quattro entità responsabili della violazione dei diritti umani in vari Paesi del mondo. Fra questi, dopo oltre 30 anni dall’ultima sanzione, figurano alcuni cittadini cinesi. Questo fatto presuppone una potenziale battuta d’arresto nelle relazioni diplomatiche tra Bruxelles e Pechino.
La vicenda
Il 22 marzo i ministri degli Esteri dei 27, riuniti fisicamente a Bruxelles, hanno approvato alcune misure restrittive per quattro ufficiali cinesi della regione dello Xinjiang. Il motivo alla base della decisione riguarda la violazione dei diritti umani relativi alla minoranza degli Uiguri, l’etnia musulmana e turcofona che vive in quella regione. I provvedimenti presi fanno riferimento al nuovo regime sanzionatorio creato per combattere la violazione dei diritti umani nel mondo. Altre sanzioni sono state emanate contro la Libia, accusata di uccisioni e rapimenti; la Russia, per le torture perpetuate contro attivisti LGBT e opponenti politici in Cecenia; il Sudan del Sud e l’Eritrea, per alcune esecuzioni arbitrarie.
La risposta di Pechino
La Cina si è subito opposta a questa decisione, condannando con forza le sanzioni ricevute. Prontamente, lo stesso 22 marzo, il governo centrale ha annunciato di aver sanzionato “10 persone e 4 entità dell’UE che danneggiano gravemente la sovranità e gli interessi della Cina, diffondendo maliziosamente menzogne e disinformazione”. Tra le persone sanzionate figurano anche alcuni deputati europei: i tedeschi Reinhard Butikofer e Michael Gahler, il francese Raphael Glucksmann, il bulgaro Ilhan Kyuchyuk e la slovacca Miriam Lexmann. Il governo cinese accusa questi rappresentanti di “minare la sovranità e gli interessi della Cina, diffondendo disinformazione”. Pechino ha altresì sanzionato il Comitato Politico e di Sicurezza, l’organismo diplomatico europeo che ha di fatto imposto le sanzioni.
Il vice ministro degli Esteri cinese, Qin Gang, ha condannato l’operato dell’Unione Europea definendola come “non qualificata per dare lezioni sui diritti umani”. La Cina, ha aggiunto, “esorta l’UE a riconoscere la gravità dell’errore, interrompendo lo scontro, per non causare ulteriori danni alle relazioni”. Da Bruxelles, molti esponenti politici hanno criticato l’iniziativa cinese di colpire direttamente dei parlamentari. In una conferenza stampa, l’Alto Rappresentante per la Politica estera e di Sicurezza comune Josep Borrell ha definito “inaccettabili” questo tipo di ritorsioni.
L’Occidente unito
Anche Stati Uniti, Canada e Gran Bretagna hanno affiancato l’UE nelle sanzioni contro la Cina, per quello che Washington ha definito “il genocidio degli uiguri”. Regno Unito e Canada hanno adottato le stesse misure dell’Ue, mentre gli USA hanno sanzionato solo due dei quattro funzionari cinesi condannati dagli europei. Per gli individui sanzionati le misure restrittive adottate da Bruxelles consistono nel divieto di viaggiare nell’UE e nel congelamento dei beni detenuti nell’Unione. Queste sanzioni arrivano alla vigilia della visita del segretario di stato USA Antony Blinken a Bruxelles. Durante il suo soggiorno, Blinken ha incontrato i rappresentanti dell’Ue ed il segretario generale della Nato.
I malumori russi
Anche il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov, dopo un incontro con il suo collega cinese Wang Yi, ha definito “inaccettabili” le sanzioni imposte dall’UE. Lavrov, in una conferenza stampa, ha affermato che secondo Cina e Russia “gli Stati Uniti stanno cercando di affidarsi alle alleanze politico-militari della guerra fredda per cercare di minare l’architettura legale internazionale”. Inoltre, ha aggiunto che “l’intera infrastruttura delle relazioni tra Unione Europea e Russia è stata distrutta dai passi unilaterali compiuti da Bruxelles”. Mosca, ha avvertito Lavrov, “sarà pronta a contatti per intensificare la cooperazione con l’Ue quando Bruxelles riterrà necessario eliminare le anomalie presenti nelle relazioni bilaterali”. Charles Michel, Presidente del Consiglio europeo, ha riferito che i rapporti tra UE e Russia sono “ai minimi”, chiedendo inoltre “la cessazione degli attacchi cibernetici” contro alcuni Stati Membri.