I partiti politici e la riduzione della spesa alla prova del bilancio
I partiti politici italiani si trovano alla berlina dei fatturati e dei saldi di bilancio. La macchina parlamentare si mette in posa per una bella fotografia dei propri conti interni, prima di suggellare la chiusura ufficiale dei lavori per le ferie estive. Che anno è stato il 2015 per le tesorerie delle nostre forze politiche? A giudicare dall’ultimo rapporto pubblicato, un anno di magra. L’insieme dell’offerta politica italiana ha chiuso i suoi bilanci ancora in rosso, per un totale di 4,5 milioni di euro. Tuttavia il margine del passivo si è decisamente ristretto rispetto all’anno precedente, dove invece lievitava a quota 20,8 milioni. Il lento ma inesorabile addio al finanziamento pubblico, sancito dal referendum, ha istituzionalizzato una decisa metamorfosi kafkiano-gestionale delle entrate di tutti gli schieramenti in campo. I sussidi statali non costituiscono più la prima e più importante voce per gli incassi delle segreterie. In compenso, vi è stato un significativo aumento dell’incidenza del due per mille.
I bilanci dei partiti politici: entrate e uscite
Il deciso mutamento della gestione economico-finanziaria dei conti ha visto, negli ultimi periodi, una draconiana razionalizzazione della spesa corrente di tutti i principali partiti politici nostrani. Le entrate generali sono scese da 47 a 38 milioni, (-20%). Alcuni schieramenti, Pd, Ncd, Sel, sono anche riusciti a chiudere il consuntivo in leggero attivo. Maglia nera per Forza Italia. Il partito ha concluso il suo bilancio fattuale in perdita per 3,5 milioni. Nell’arginare il gorgo del passivo fondamentale è stato l’intervento privato dell’ex Cavaliere Silvio Berlusconi. Egli ha infatti rimborsato alle banche 43 milioni di disavanzo, portando a 90 milioni i crediti vantati con la sua creatura politica.
Ragionando delle uscite, un forte contenimento dei costi e dei significativi tagli al comparto del personale relativo alle segreterie dei principali organi interni, FI ha avviato una procedura di licenziamento collettivo per 62 dipendenti, hanno portato le spese della “Partiti Spa” da 62 a 40 milioni. Nello specifico, il Pd ha espunto dal suo saldo 7 milioni (da 27 a 20), mentre Sel ha perduto 320mila euro di versamenti relativi ai senatori ed ai deputati che hanno deciso di cambiare schieramento nell’arco della legislatura. Capitolo a parte invece per il Movimento 5 Stelle: il soggetto politico fondato da Beppe Grillo ha rinunciato, ad oggi, a 42 milioni di rimborsi elettorali girando 16 milioni al fondo per il microcredito destinato alle piccole imprese e 1,6 milioni a quello per l’ammortamento dei titoli di Stato.
I partiti politici, il tramonto del finanziamento pubblico e l’avvento del due per mille
Dal rendiconto si evince dunque un lento quanto inesorabile scollamento della nostra classe politica dalle forme tradizionali di sostentamento economico tipiche della Prima Repubblica. Anche l’associazionismo politico, vero e proprio pilastro delle prassi di concertazione e riforma del XX secolo, perde vigore e tempra. Il tesseramento dei principali partiti politici è ormai divenuto risibile nei numeri. Il Pd ha registrato, alla voce quote associative, 202mila euro, meno della metà rispetto all’anno precedente. Le cose non vanno meglio al centro dell’Emiciclo: Ncd ha quasi annichilito le sue entrate.
Il finanziamento pubblico complessivo ai partiti ha subito un ennesimo colpo di mannaia passando da 17 a 9 milioni. Sarà azzerato del tutto nel 2017. L’anno trascorso ha però portato alla ribalta la prassi del due per mille. Le sottoscrizioni versate dai militanti, di concerto con la dichiarazione fiscale, hanno mutato spessore grazie ad un incremento sostanziale: da 724mila euro a ben 7,8 milioni.
Riccardo Piazza