“La selezione della classe dirigente di un partito non può avvenire attraverso la cooptazione dei fedeli e nel Pd il principio è la fedeltà”. Fabrizio Barca, dimessosi lo scorso 5 luglio dalla Commissione Statuto del Pd, ci va giù pesante con il suo attuale partito. E attacca a testa bassa sia la classe dirigente renziana sia la minoranza, accusata di “avere la stessa logica di chi è al potere” ovvero quella di voler “cambiare il personale ma non la struttura”. In un’intervista al Fatto Quotidiano però l’ex ministro per la Coesione Territoriale del governo Monti annuncia di voler rimanere nel Pd e di non voler stracciare la tessera perché “rimane l’unico partito in Italia che abbia uno statuto comprensibile e un dibattito interno a volte sterile, ma trasparente”.
Pd, Barca: partito fatto di dirigenti a cui interessa solo la carriera
La questione della selezione della classe dirigente, secondo Barca, non riguarda solo Matteo Renzi ma “il partito è così da quando è nato, nel 2007”. “Il Pd – continua l’ex ministro – è fatto da gente che ha come unico obiettivo la propria carriera, ma ci sono pure centomila iscritti e tanto persone per bene”. Detto questo, a specifica domanda, Barca precisa di non avere alcuna “antipatia” o “pregiudizio culturale” nei confronti del Presidente del Consiglio Renzi pur avendo “idee diverse”.
Io non sono come Renzi, caro @fabriziobarca. E il pd che piaceva a me era diverso da questo.A proposito: tu a Roma non hai sbagliato niente?
— chiara geloni (@lageloni) July 18, 2016
M5s, Barca: sono ridicoli, non ci sono talenti
Insomma, una voce critica che vuole rimanere e, se possibile, cambiare il partito dall’interno. Sì, perché fuori dal Pd secondo Barca c’è il buio totale. Infatti, l’ex ministro ne ha anche per i 5 stelle a cui rivolge un giudizio al vetriolo:
Le forme di partecipazione politica del M5S sono ridicole. La democrazia è una discussione aperta, trasparente, informata, stimolata da grandi competenze. Dove sono le competenze nel Movimento? Girando l’Italia ho conosciuto talenti veri: antropologi, professionisti, psicologi, persone di livello straordinario. Queste avanguardie non le vedo dentro a nessun movimento politico, e tanto meno nei 5 stelle.
Chi è Fabrizio Barca
Statistico ed economista, nato a Torino 62 anni fa. E’ stato Ministro per la Coesione Territoriale e oggi è Dirigente generale del Ministero dell’Economia e delle Finanze, come si legge sul suo blog. Dal padre Luciano ha ereditato la passione per la politica e soprattutto per il Pci, partito di cui è iscritto dal 1991, per poi passare al Pd nel 2013. Dopo lo scandalo di Mafia Capitale che ha travolto il partito romano, il commissario Matteo Orfini gli aveva affidato il compito di mappare i circoli della Capitale. Alla fine di quell’esperienza, nell’ottobre scorso Barca ha presentato una relazione in cui descriveva il Pd romano come un partito “non solo cattivo ma pericoloso e dannoso” in cui “non c’è trasparenza e neppure attività” che “lavora per gli eletti anziché per i cittadini e dove traspaiono deformazioni clientelari e una presenza massiccia di carne da cannone da tesseramento“. Poi, nel giro di pochi mesi tutto è cambiato e Barca ha appoggiato la candidatura a Sindaco di Roma di Roberto Giachetti, espressione diretta del premier Renzi. “Se Roma non è pazza al ballottaggio manda lui – aveva detto l’ex ministro in un’intervista a Repubblica a una settimana dal primo turno – a quel punto i romani avranno 2 settimane per convincersi. A Giachetti manca solo il tempo”. Come noto, non gli è andata bene. Ora si è dimesso dalla Commissione messa su nel 2014 per riformare il partito perché, dice Barca, “non c’è volontà di cambiamento”. Ma la tessera, quella no, non la straccerà mai.
@salvini_giacomo