Erdogan: per golpe di chi?
Nel musical “Evita”, oltre a un pessimo assemblaggio musicale e alla scarsa espressività di Madonna, vi erano una serie di scene in cui si intravedeva la difficile situazione politica Argentina. In particolare, in una scena, veniva mostrato un veloce e continuo cambio dei vertici governativi a suon di colpi di stato messi in atto dai vertici militari. Ammettiamolo, a volte la realtà è più paradossale di quanto possiamo immaginare: il golpe in Turchia è durato meno di uno di quei intramezzi musicali.
Erdogan: per golpe di chi?
Premessa necessaria, azzardiamo ipotesi e non diamo nulla per certo, ma è evidente che molti elementi non tornano, e molte, troppe domande restano aperte. Innanzitutto un tentativo di golpe, di carattere militare, è di per sé anacronistico, ma ancora più strana appare la durata così limitata. Un golpe militare che dura meno di una notte fa nascere una serie di dubbi: Possibile che i militari siano stati così sprovveduti e incapaci? Possibile che si siano mossi con così tanta debolezza?
Gulan, accusato dallo sceicco di essere colui che ha messo su questo buffo assalto al potere, è una personalità molto forte, in piena consapevolezza della situazione politica turca. Ricordiamo inoltre che Gulan fu non solo amico ma anche mentore di Erdogan, fu lui a introdurlo negli ambienti che lo portarono al potere. E’ evidente sia improbabile che sia stato lui a mettere su una organizzazione così maldestra.
Consideriamo ora un ulteriore elemento: la spropositata e repentina reazione di Erdogan al tentativo di Golpe. Negli ultimi giorni è stata avviata una intensissima attività di epurazione che lascia interdette e preoccupate le cancellerie europee e il governo USA. Alcuni numeri per avere una maggiore percezione dell’entità dell’azione punitiva messa in campo dal governo turco: 6000 militari arrestati, 3000 mandati d’arresto nei confronti di giudici e procuratori, e quasi 8000 agenti sospesi.
Le immagini delle modalità di arresto che circolano in questi giorni sono vergognose e mostrano la mano violenta di un dittatore che stritola il suo stesso popolo. Inquietano ancor di più le parole del commissario Ue Johannes Hahn il quale afferma che Erdogan aveva già pronte le liste di epurazione dei giudici e dei militari. Secondo il Commissario per la politica di vicinato e i negoziati per l’allargamento l’immediata reazione è la dimostrazione che le autorità di governo erano già pronte e preparate.
E’ chiaro che l’unico a guadagnarci da tutta questa situazione piena di incertezze è Recep Erdogan, che trova spianata la strada per le modifiche costituzionali che trasformeranno la Turchia in un paese presidenziale. L’introduzione della pena di morte, pericoloso strumento per incrementare la repressione degli avversari politici, sarebbe per il nuovo sovrano di Istanbul una vera e propria manna dal cielo.
Non possiamo dire con certezza che sia stato Erdogan stesso a mettere su questa messinscena, venendo così coinvolti in una pericolosa spirale “complottista”, ma è lecito porsi una serie di domande su questioni assolutamente aperte. Questioni sulle quali l’Europa non può chiudere gli occhi. Di tutto ciò sopravvive un’unica certezza: l’ingresso della Turchia nell’Ue deve, oggi, essere più lontano che mai.
Giorgio Mirando