Centrodestra: è già scontro tra Parisi e Salvini
“Prima vengono i moderati. E nel perimetro moderato ovviamente non c’è spazio per modelli lepenisti”. Lunedì inizierà ufficialmente la nuova missione di Stefano Parisi, già candidato perdente a Sindaco di Milano e nuovo “amministratore delegato di Forza Italia”, e già iniziano a venire fuori i primi attriti con le altre forze del centro-destra. Ieri il leader della Lega Nord Matteo Salvini, che già aveva attaccato l’eccessiva “moderazione” di Parisi dopo le elezioni di giugno, ha dichiarato pubblicamente che non appoggerà la sua leadership. Oggi è arrivata la risposta dell’ex manager di Fastweb in un’intervista al Corriere della Sera: “la nostra priorità è stabilire la rotta di governo dei moderati, chiarito questo, penso che porre adesso delle pregiudiziali sia un errore e che — se vuole governare il Paese — la Lega debba porsi questo problema”. Intanto l’Huffington Post scrive, citando una fonte leghista, che Meloni e Salvini sarebbero pronti a rompere la coalizione e a costruire un soggetto politico nuovo, sul modello del Front national francese.
Centrodestra: è già scontro tra Parisi e Salvini
Ieri il segretario del Carroccio, a Radio Padania, ha sconfessato la nuova investitura di Parisi a leader del centro-destra. “Io Stefano Parisi l’ho sostenuto, ma un sindaco deve far funzionale le metropolitane, le strade, sistemare le case popolari. Altra cosa è riproporre un’alleanza, una marmellata, un fritto misto che a livello nazionale a dimostrato di non poter funzionare” ha detto Salvini. “Se qualcuno pensa di coinvolgere me – ha concluso il leader leghista – o la Lega in un’alleanza con Verdini, Alfano, Cicchitto, Tosi, Passera ecc. ha sbagliato indirizzo. Per me il discrimine della prossima alleanza sarà la politica estera: chi vuole Angela Merkel, difende a spada tratta l’euro o tifa Hillary Clinton, non può stare con la Lega. Se Parisi è un riorganizzatore di Forza Italia va bene, ma se qualcuno pensa di farlo digerire alla Lega alleanze indigeste, io non ci sto”.
Stefano Parisi infatti viene sempre più visto negli ambienti leghisti come un uomo dell’establishment calato dall’alto dal solito Berlusconi che, per quanto acciaccato e indebolito per l’andamento delle sue aziende, nel centro-destra continua a contare. E tanto. Ma sulla questione di una leadership “imposta” anche Parisi sembra trovarsi d’accordo con i suoi detrattori interni ed esterni a Forza Italia: “non ci sono solo le primarie per evitare che la scelta sia frutto di una nomina. Altri processi democratici potrebbero definire la leadership”. Quali siano questi “altri processi democratici”, Parisi non lo spiega ma tant’è, almeno su questo i due leader sono d’accordo.
L’insofferenza dei lepenisti italiani nei confronti di Parisi nasce infine dal fatto che quest’ultimo viene visto sempre di più come il garante di un nuovo Patto del Nazareno – o “inciucio”, chiamatelo come volete – se dovesse vincere il “No” al referendum di ottobre. E, su questo, Parisi ha spesso ribadito l’importanza di un “un esecutivo chiamato a predisporre un processo Costituente nuovo e bipartisan”. “Bisognerebbe dare il tempo alle Camere di lavorare fino al 2018 anche per varare una legge elettorale adeguata – ha concluso Parisi al Corriere della Sera – perché la maggioranza di governo deve rispecchiare la maggioranza degli italiani”.