Le donne e il Califfato, foreign fighters in aumento dall’Ue

Pubblicato il 30 Luglio 2016 alle 11:56 Autore: Giacomo Salvini
La condizione delle donne sotto il califfato

Schiavizzate in casa propria ma sempre più utili per la guerra agli “infedeli”. Questa la nuova condizione della donna nel brutale mondo del Califfato Islamico (Is o Isis), fotografata dall’annuale paper dell’Europol sul fenomeno del terrorismo jihadista in Europa. L’attrazione delle donne europee nei confronti del regno di Abu Bakr al-Baghdadi ha avuto negli ultimi mesi un’impennata molto preoccupante, si legge nel rapporto “European Union terrorism situation and trend report”. “Il ruolo delle donne nel Califfato – è l’allarme dell’Europol – potrebbe cambiare nel futuro con conseguenze sulla natura e l’impatto delle operazioni dell’Isis in Europa”.

Le foreign fighters europee: numeri preoccupanti in Olanda, Uk, Spagna e Belgio

I numeri snocciolati dall’Ufficio di Polizia Europeo destano preoccupazione: quasi un cittadino olandese su due partito per la Siria o l’Iraq per arruolarsi nelle file dell’Isis è donna (40%) e una su cinque (20%) è la proporzione per Finlandia e Germania. Numeri in crescita si rilevano anche in Spagna, Svizzera, Gran Bretagna e Belgio, la cui capitale Bruxelles è stata colpita duramente nell’attentato del 22 marzo scorso all’aeroporto di Zaventem e alle fermate della metropolitana di Maalbeek e Schuman. Al maggior coinvolgimento delle donne nel progetto di conquista del Califfato Islamico, corrisponde in Europa un aumento cospicuo delle arrestate per crimini connessi al terrorismo. Le donne fermate nel vecchio continente sono quasi duplicate tra il 2014 e il 2015, passando da 96 a 171. Ancora più netta l’impennata degli arresti nei confronti di cittadine europee accusate di legami con il terrorismo jihadista: dai 6 casi nel 2013 si è arrivati a 52 nel 2014, fino a 128 nel 2015.

Le donne e il Califfato: procreare per fornire nuova manovalanza armata

Ma quali sono le funzioni principali delle donne nel Califfato islamico? “Nonostante siano state istruite all’uso delle armi – si legge nel rapporto – probabilmente le donne non stanno prendendo parte ai combattimenti al fronte. Fino ad oggi non ci sono casi di donne coinvolte negli attentati terroristici che hanno colpito l’Europa (caso diverso per gli Stati Uniti, ndr) anche se esse hanno perpetrato attacchi suicidi nei territori del Jihad, come nella Nigeria di Boko Haram”. Spesso, però le funzioni principali delle donne nell’Isis sono altre: in primis quella di sposare i combattenti siriani e iracheni con l’unico scopo di procreare e fornire così nuova manovalanza armata all’esercito in crescita dello Stato Islamico. Inoltre, altro aspetto messo in evidenza dall’ufficio di polizia europea, si rileva un sempre più ampio coinvolgimento delle donne nel “reclutare, finanziare e aiutare i gruppi terroristici”.

Jamestown Foundation: 550 le donne occidentali partite verso Siria e Iraq

In Italia, l’unico caso di donna partita per combattere in nome di Allah è stato quello di Maria Giulia Sergio, partita verso la Siria o l’Iraq. La giovane ragazza di 28 anni, originaria di Torre del Greco (Napoli), si è convertita all’Islam nel 2014 e ha deciso di partire per arruolarsi all’Isis, dopo il matrimonio con l’albanese Aldo Kobuzi. Secondo l’istituto di ricerca globale Jamestown Foundation, ad oggi sarebbero 550 le donne partite dall’Europa occidentale, Nord America, Australia e Nuova Zelanda per arruolarsi nelle file dell’Isis. E solo 115 di esse provengono dalla Francia. Come ha scritto Jayne Huckerby, professore associato alla britannica Duke University School of Law, il numero delle donne partite per Siria e Iraq da paesi non occidentali sembra essere molto più rilevante, basti pensare che solo 700 foreign fighters donne provengono dalla Tunisia.

Le motivazioni: liberarsi dalle catene dell’occidente

Per capire più a fondo le motivazioni di tale fenomeno, è utile rileggersi il rapporto “Donne e Califfato” pubblicato nel marzo di quest’anno dal “Centre for the response to radicalisation and terrorism” del prestigioso think tank britannico Henry Jackson Society. “La potente ideologia dell’islamismo – si legge nelle conclusioni – insegna alle donne che le loro libertà nei paesi occidentali sono catene da cui possono liberarsi solo vivendo sotto il Califfato. “Questa narrazione” aiuta a costruire le “fondamenta ideologiche” per le donne islamiche così che il Califfato “non sia solo un’opzione attraente ma un dovere, nella mente di molti”. “Questo aspetto – conclude il rapporto – suggerisce che i governi occidentali non devono cadere della trappola per cui si pensa che solo i violenti estremisti abbiano bisogno di una nuova sfida”.

@salvini_giacomo

L'autore: Giacomo Salvini

Studente di Scienze Politiche alla Cesare Alfieri di Firenze. 20 anni, nato a Livorno. Mi occupo di politica e tutto ciò che ci gira intorno. Collaboro con Termometro Politico dal 2013. Su Twitter @salvini_giacomo
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