Elezioni Usa: Trump, Putin e le email della discordia
Se c’è una parola chiave di questa campagna elettorale per la Presidenza degli Stati Uniti d’America è sicuramente “email”. Certo, i motivi di contrasto tra il magnate americano e la signora Clinton sono molti, ma la questione corrispondenza digitale risulta particolarmente ostica, probabilmente per la maniera con cui la faccenda viene trattata da entrambe le parti. Facciamo un piccolo riepilogo: Hillary Clinton è stata indagata per aver inviato email sensibili dal suo account privato quando era segretario di Stato ma successivamente assolta dall’FBI. Il candidato repubblicano, consapevole di quanto la vicenda rappresentasse un punto di debolezza per l’ex first lady, ne ha approfittato per mettere in atto una strategia comunicativa tesa a dimostrare l’incapacità della Clinton.
Elezioni Usa: Trump, Putin e le email della discordia
Il tema “email” era un tema caldo durante le primarie, ma con l’accendersi della campagna presidenziale rischia di diventare bollente, in particolare dopo l’ultima mossa di Donald Trump. Il tycoon statunitense ha lanciato un inatteso appello al Cremlino, ovvero ha chiesto al presidente della Federazione Russa di trovare e rendere pubbliche le 30.000 email scomparse di Hillary Clinton.
Un azzardo non lieve per Donald Trump, che invita il capo di un paese fortemente in competizione, a irrompere in maniera assolutamente anomala e inopportuna nel dibattito politico americano. Parole che creano scompiglio all’interno del Partito Repubblicano, al punto che lo stesso candidato alla vice presidenza, Mike Pence, è costretto a dichiarare che non sarà tollerata nessuna interferenza nel dibattito politico americano da parte di un governo straniero.
Tuttavia, i Repubblicani non sono gli unici a tirare in ballo Mosca nelle vicende delle presidenziali: lo staff della Clinton ha accusato il governo russo di essere il “burattinaio” dietro la pubblicazione, da parte di Wikileaks, di una serie di email private del comitato democratico, che dimostrerebbero la volontà del partito di favorire Hillary a discapito di Bernie Sanders.
Uno scambio di accuse pesanti e che lasciano aperta una grande incognita sui futuri rapporti tra Washington e Mosca, a prescindere da chi, a novembre, possa essere il vincitore della corsa.
Giorgio Mirando