Privatizzazioni, mancano 5 miliardi all’appello
Un’altra grana, l’ennesima, rischia di pesare sulla manovra economica che il governo dovrà presentare entro la prima metà di ottobre, alla vigilia del referendum costituzionale su cui Renzi ha giocato tutto il suo capitale politico: le privatizzazioni. Repubblica stamani ha scritto che, rispetto all’impegno sottoscritto dal premier e Padoan di intascare dalle privatizzazioni 8 miliardi di euro (0,5 % del Pil) quest’anno, ad oggi mancano all’appello almeno 5 miliardi. Perciò, l’impegno del governo per il 2016 sembra molto difficile da raggiungere.
Il Def e il piano sulle privatizzazioni
Nel Documento di Economia e Finanza presentato dal Presidente del Consiglio e dal Ministro dell’Economia in aprile, le tabelle parlavano chiare: le privatizzazioni avrebbero portato nelle casse dello Stato lo 0,5% del Pil nel 2016, 2017 e 2018 e lo 0,3% nel 2019. Tutto questo per contribuire alla riduzione del debito pubblico monstre che l’Italia si porta dietro ormai da un decennio a questa parte. Nel Def di aprile il governo prevedeva che il debito pubblico quest’anno sarebbe sceso per la prima volta dal 2003, passando dal 132,7% del 2015 al 132,4% del 2016 (-0,3%) fino al 123,8% del 2019 (-9%). Poi, una settimana fa, è arrivata la doccia gelata di Bankitalia che ha registrato un nuovo record nel debito pubblico (2.248,8 miliardi), in aumento di 70 miliardi rispetto al mese precedente. Così il Mef ha provato a calmare le acque confermando tutte le cifre presenti nel documento di finanza pubblica: “Il Governo sta dando attuazione al programma di privatizzazioni di società partecipate e proprietà immobiliari, con l’obiettivo di ridurre il debito pubblico e aprire il capitale delle società al mercato”. Ma, si legge nella nota, “la privatizzazione di Ferrovie dello Stato o di sue componenti rientra nel programma di medio periodo del Governo”. Traduzione: per quest’anno non se ne fa di niente, se ne riparla nel 2017.
Privatizzazioni, all’appello mancano 5 miliardi
Ad oggi, però, il governo ha intascato solo 834 milioni dalla vendita di Enav mentre è ancora tutta da decidere la strategia per privatizzare un altro 30% di Poste, dopo la prima tranche che si è conclusa nel novembre scorso fruttando circa 3 miliardi (ovvero uno in meno rispetto alle attese del governo). Ma i sindacati sono già sul piede di guerra. Nell’audizione di un mese fa in Commissione Trasporti alla Camera hanno fatto notare come “l’operazione di dismissione delle quote azionarie” avrebbe “una connotazione totalmente negativa per il bilancio dello Stato”. Quindi, anche su questo fronte, l’incertezza regna sovrana. Ma ammettiamo che l’ulteriore privatizzazione di Poste vada in porto. Siamo solo a 3 miliardi. E gli altri 5? Scomparsi. Come ha scritto Repubblica, i 5 miliardi previsti per raggiungere i fatidici 8, dovevano arrivare dalla dismissione fino al 40% di Ferrovie che però il governo ha deciso di rimandare sine die.
Privatizzazioni, Morando: siamo tranquilli, il debito calerà
Il governo, nonostante tutto, continua ad ostentare ottimismo sulle privatizzazioni. Il viceministro dell’Economia Enrico Morando lo scorso 12 agosto commentava così i dati di Bankitalia in un’intervista ad Affari Italiani: “Per quello che riguarda il volume globale del debito non mi pare ci siano sorprese. Siamo relativamente tranquilli sul fatto che l’obiettivo che ci siamo dati per il 2016 e per il 2017 possa essere conseguito anche attraverso operazioni di privatizzazioni, cioè di cessione di patrimonio pubblico, che abbiamo quantificato puntualmente anche in termini di obiettivo”.