È durata poco la luna di miele fra la minoranza storica e l’ala renziana del Partito Democratico. La vittoria con il 40% alle europee del 25 maggio aveva ammutolito qualsiasi voce di dissenso all’interno del partito, consegnando a Renzi i comandi della nave. Ora, il risultato dei ballottaggi di domenica, nei quali il Pd ha vinto, perdendo però nelle “roccaforti rosse” di Livorno, Perugia e Padova, riaccende i dissapori fra vecchia e nuova guardia del partito.
La resa dei conti è fissata per questo fine settimana, sabato, quando nella riunione della direzione nazionale il segretario Renzi annuncerà la nuova composizione della segreteria a gestione unitaria. Un appuntamento a cui bersaniani, cuperliani e civatiani arriveranno armati per fronteggiare il no categorico del segretario alla nomina di vecchi esponenti già presenti nella segreteria di Pierluigi Bersani, da Nico Stumpo e Matteo Orfini. In forse anche la nomina del governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, alla presidenza del partito.
Ma è proprio il leader Pd, in visita istituzionale ad Hanoi, in Vietnam, a tranquillizzare i suoi e gettare acqua sul fuoco: anche se a Livorno e in altre città storiche “si è oggettivamente perso” commenta Renzi “finisce comunque 20 a 1 per noi. Altro che frenata!” conclude il segretario dem. Difficile stabilire se sul voto abbia pesato lo scandalo Mose o il fisiologico calo dell’affluenza in un appuntamento come quello dei ballottaggi. Sta di fatto che il Pd perde nelle cosiddette “roccaforti”: settant’anni di dominio della sinistra interrotti a Perugia e Livorno consegnata a mani basse ai cinquestelle, con il nuovo sindaco Nogarin. “Il risultato negativo si è verificato nelle città dove il Pd non si è rinnovato” ha commentato il renziano Dario Nardella.
Un’interpretazione del voto, quella del neo sindaco di Firenze, che sintetizza la posizione dell’area renziana all’interno del partito e che segue la linea dettata da Renzi: “il voto di domenica – ha commentato il premier – segna la fine delle posizioni di rendita elettorale. È finito il tempo in cui qualcuno sa che in quel posto si vince di sicuro” ha tranquillizzato il segretario dem.
Parole, quelle di Renzi, a cui fanno eco quelle della vice-segretaria nazionale, Deborah Serracchiani: “A Padova, Livorno e Perugia, il Pd non è stato capace di intercettare l’ esigenza di cambiamento”, ha commentato in un’intervista al Messaggero la governatrice del Friuli-Venezia Giulia. Ottimista l’esponente dem che ricorda comunque che “tutti i numeri indicano un aumento netto del nostro risultato”. “Il segretario Matteo Renzi farà un’articolata relazione in cui analizzerà il voto – ha annunciato Serracchiani – Di certo, come ci intestiamo i risultati che segnano ovunque il nostro avanzamento, ci prendiamo la responsabilità delle sconfitte: a Padova, Livorno e Perugia bisognerà fare una riflessione che coinvolga i partiti locali. Perchéuna cosa è sicura: devono invertire la direzione di marcia” ha concluso.
L’analisi della vice-segretaria Pd arriva dopo il commento a caldo del collega, il renziano Lorenzo Guerini: “La netta vittoria alle amministrative è merito di tutto il Partito Democratico. Così come tutto il PD rifletterà e si confronterà sui pochi casi in cui il risultato non è stato soddisfacente”, così aveva commentato Guerini i risultati dello spoglio di domenica. “I numeri non mentono: abbiamo conquistato 160 comuni sopra i 15000 abitanti, 32 in più rispetto a prima e siamo passati da 15 a 19 capoluogo di provincia. In particolare abbiamo preso tutto il Nord” ha spiegato il vicesegretario che ha concluso: “Se non è vittoria questa! Il resto sono chiacchiere”.
Numeri, cifre e risultati su cui si è riaperto il dibattito, fuori e dentro il Pd, e che di certo non rendono più sereno il cammino del segretario Renzi. La necessità maggiore è tenere compatto il partito, soprattutto in vista dell’appuntamento estivo con le riforme istituzionali: pubblica amministrazione e legge elettorale le priorità.
Carmela Adinolfi