Lo scacchiere ideologico italiano: il vuoto a sinistra
Parlare di ideologia, di questi tempi, può sembrare anacronistico. In primis, Daniel Bell parlò della “fine dell’ideologia” (1960) testo che affermava il definitivo declino della teoria marxista e dell’ideologia comunista. Posteriormente, Francis Fukuyama, affermò la vittoria assoluta del capitalismo e della democrazia liberale nel celebre “la fine della storia e l’ultimo uomo” (1992). Gli stessi partiti evitano l’utilizzo di una terminologia che richiami ai contrasti politici da guerra fredda. Se facciamo caso alla composizione del nostro sistema di partiti, capiremo il perché: nell’immaginario scacchiere ideologico italiano, non c’è nessun partito di sinistra con rilevanza istituzionale. Pertanto, la partita si gioca “dal centro in poi”. E quindi, come sono collocati ideologicamente i nostri partiti?
Il vuoto a sinistra nello scacchiere ideologico italiano
Da destra verso il centro…
Partendo dall’estrema destra dello scacchiere ideologico, troviamo il partito di Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia (FDI) sorto dalle ceneri di Alleanza Nazionale (erede del Movimento Socialista Italiano della 1° Repubblica). Riprende buona parte del sistema ideologico di Alleanza Nazionale. Fonda la pratica politica su una visione etnonazionalista e si presenta come partito ultra-conservatore. Utilizza un discorso radicale. Fa appello all’ unità nazionale (nei termini di una identità nazionale italiana) e alla piena sovranità statale. L’identità viene costruita a partire da un glorioso passato, comune sia per il nord che per il sud.
Nelle immediate vicinanze di FDI, troviamo la Lega Nord. Il partito di Matteo Salvini ha subito una metamorfosi notevole – se vogliamo considerare gli albori della lega lombarda e della lega veneta – ma ha mantenuto il nazionalismo (per quanto cangiante) come perno ideologico. Nel caso della Lega, assume forti tinte conservatrici (in altri casi, come per gli albori dei Giovani Turchi di Ataturk, si trattava di un nazionalismo progressista e riformatore). La collocazione come partito di destra radicale è dipeso dal discorso populista e dal forte contrasto identitario di cui si fa promotore : se al principio fu il nord contro “Roma ladrona”, posteriormente è diventato l’ Italia “contro” la tecnocrazia dell’Unione. È cambiata la scala geografica adottata per l’interpretazione dei fenomeni politici e sociali. Da quella regionale e nazionale, si è passata alla sopranazionale. Il partito del carroccio ha allargato la prospettiva geografica anche per una semplice questione elettorale: quella localistica non permetteva di ottenere un consenso generalizzato e diffuso, necessario in un sistema elettorale proporzionale.
Muovendoci verso la “destra moderata”, troviamo i partiti di Berlusconi e Alfano: Forza Italia (FI) e Nuovo Centro Destra (NCD). Entrambi i partiti si presentano appoggiando il modello economico neoliberista, confidando nella bontà del libero mercato. Per quanto si possano riscontrare delle divergenze programmatiche, nell’ambito ideologico possono sovrapporsi senza tante difficoltà. Entrambi i partiti sono moderatamente conservatori. Il partito di Berlusconi si è caratterizzato – fin dalla sua fondazione – per un marcato populismo. Ciò è dipeso dalle stesse caratteristiche personali del Cavaliere e dalla sua possibilità di poterle sfruttare pienamente attraverso i mezzi di comunicazione di sua proprietà.
…E dal centro verso una (vuota) sinistra
Andando al centro dello scacchiere ideologico dei partiti nostrani, troviamo il partito dell’attuale presidente del consiglio. Il Partito Democratico ha vissuto uno spostamento – lento ma inesorabile – verso destra. L’ultima riforma del lavoro, conosciuta con il nome di “job act”, si fonda nell’ideale neoliberista e nei dogmi della liberalizzazione e della flessibilità. Le principali riforme del governo Renzi vanno nella stessa direzione. Lo stesso ex-sindaco di Firenze (che proveniva dall’area democristiana) è il maggior artefice di questo accentramento del PD. Il partito di Stefano Fassina, Sinistra Italiana, è ancora legato eccessivamente a quello di governo. I due partiti si possono sovrapporre molto facilmente, per quanto Fassina abbia cercato di dare una certa immagine, più popolare e legata vagamente all’ideale socialista. Ma si tratta, come detto, di una immagine, non di contenuti reali. Infine, troviamo il Podemos in salsa italica di Giuseppe Civati: il “Possibile”. Estremamente affine al partito spagnolo di Pablo Iglesias, non ha ancora un peso rilevante per poterla considerare come una forza politica reale. L’unico partito che si presenta con una ideologia socialista non è ancora maturo per poter incidere nelle istituzioni.
Per ultimo, cerchiamo di collocare il Movimento 5 Stelle, che si è sempre definito come un partito “al di là di ogni ideologia” ed effettivamente abbraccia elementi – in maniera trasversale –tanto di sinistra che di destra. La retorica populista e nazionalista lo spingono verso destra, mentre gli elementi riformatori (specialmente nel modello produttivo e d’investimento) sono tipici della nuova sinistra moderata. Le due anime dell’elettorato a 5 stelle non convivono facilmente, per via dei contrasti tra i valori di riformisti e conservatori. Questa ambiguità ideologica permette al Movimento di attecchire su un elettorato trasversale, ma al contempo non riesce a creare – da questi – uno “zoccolo duro” consistente che definisca l’identità del partito e che, di rimando, permetta all’elettore di definirsi con maggior chiarezza.
L’Italia conferma essere eccezione all’interno dello scenario europeo
Quel vuoto di sinistra di si è parlato all’inizio non intende riferirsi – sia chiaro – a una assenza totale di un partito (o movimento, finanche cultura) fondato su una ideologia socialista. Vi è un vuoto nei termini dell’assenza di una reale forza istituzionale che possa portare un’altra prospettiva in sede parlamentare. La situazione politica italiana continua ad essere una eccezionalità all’interno del panorama europeo e sarà oggetto di studio anche per gli anni a venire.
Alessandro Faggiano