La probabile designazione di Vasco Errani a Commissario straordinario per la ricostruzione ha “rotto” la tregua politica post terremoto.
Le opposizioni hanno infatti bocciato l’investitura dell’ex governatore dell’Emilia Romagna per diverse ragioni.
Vasco Errani, il fronte del No
Secondo il Movimento 5 Stelle, “Renzi sfrutta la tragedia per ricucire il Pd”. Per il vicepresidente della Camera e membro del direttorio, Luigi Di Maio “Vasco Errani non può essere il commissario al terremoto del Centro Italia. È in politica dal 1983, è stato governatore dell’Emilia Romagna per ben 3 volte (nonostante la legge ponesse un limite di due mandati) ed è già stato commissario per il terremoto in Emilia nel 2012. Ora serve un profilo al di fuori del sistema dei partiti. Una persona scelta per competenze, non per appartenenza politica”.
Anche Forza Italia, per bocca di Renato Brunetta, boccia Errani auspicando una scelta “no partisan”. “Un profilo no partisan sarebbe quanto mai auspicabile. Non fosse che la ventilata nomina di Vasco Errani a commissario tradisce nei fatti l’appello a una larga convergenza di intenti invocato da Renzi: mi sembra che il premier sia partito con il piede sbagliato”.
La Lega Nord appare divisa sulla nomina di Errani. Da una parte c’è il governatore della Lombardia Maroni (“Ottima scelta. Errani è uomo di esperienza e concretezza”) dall’altra il segretario Matteo Salvini che propone il nome del prefetto Francesco Paolo Tronca (“La Lega c’è, per aiutare in ogni modo i terremotati. Ma nominare Errani per la ricostruzione, con migliaia di emiliani ancora fuori casa dopo 4 anni e migliaia di aziende non risarcite e fallite, è una follia”).
Il Giornale, in un articolo pubblicato oggi, spiega perché Vasco Errani non è il profilo giusto per coordinare i lavori di ricostruzione nelle aree colpite dal terremoto del 24 agosto.
Sarebbe bastato andare a recuperare i giornali e le carte di quattro anni fa e magari ascoltare il sismologo Enzo Boschi, che abita proprio a Bologna, per rendersi conto che, almeno prima dell’evento sismico, non è andata proprio così, anzi. In effetti, già nel 1998, ben quattordici anni prima del terremoto emiliano, i Comuni poi colpiti dal terremoto erano stati considerati a rischio, ma il grido d’allarme cadde, allora, nel vuoto. Solo nel 2003, sull’onda dell’emozione per il sisma a San Giuliano di Puglia, venne emanato un decreto della presidenza del Consiglio con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della mappa delle zone più a rischio: in quell’elenco c’erano anche i Comuni emiliani. La Regione approvò la nuova classificazione, ma il decreto venne ignorato – così come un provvedimento governativo emanato nel 2006 – con le conseguenze che tutti sappiamo. Se la giunta presieduta da Errani fosse invece intervenuta subito ci sarebbe stato il tempo per intervenire in quei Comuni, inseriti nella seconda categoria di pericolosità, successivamente colpiti e affondati.