Di Canio e l’ipocrisia dell’indignato collettivo

di canio, sky

In questi giorni sta facendo il giro del web la foto dell’ex giocatore della Lazio, Paolo Di Canio, che lo ritrae in t-shirt durante una videochat su facebook. Il problema? Uno dei suoi numerosi tatuaggi sulle braccia. Non uno a caso, ma una scritta che ha scatenato attacchi e polemiche da più parti e che gli è costata la fine della collaborazione con Sky Sport, per il quale lavorava come conduttore e commentatore tecnico della Premier League dal 2014. Oggetto della diatriba: la scritta “Dux” tatuata sul bicipite destro di Di Canio. “Abbiamo fatto un errore. Ci scusiamo con tutti quelli di cui abbiamo urtato la sensibilità. Dopo aver parlato a lungo con Di Canio, nonostante la sua professionalità e competenza calcistica, abbiamo deciso insieme di sospendere la sua collaborazione” ha detto stamani Jacques Raynaud, executive vice president Sky Sport & Sky Media.

Di Canio e quelle “pericolose” tendenze politiche

Ora, il problema sta a monte. Paolo Di Canio non ha mai nascosto le sue “tendenze” politiche. Oltre al tatuaggio in bella vista – ne ha anche un altro sulla schiena che ritrae un’aquila con al centro il ritratto di Mussolini – l’ex giocatore laziale era già stato al centro delle polemiche per i suoi numerosi saluti romani in pubblico. «L’avevo fatto già a Siena, l’ho fatto a Livorno e l’ho rifatto contro la Juventus: mi dovranno indagare ogni domenica – aveva dichiarato a una trasmissione tv romana nel 2005-. Le mie idee le conoscono tutti, ho scritto un libro su Mussolini e il ventennio e in Inghilterra il primo giorno ho venduto 1.320 copie in due ore» disse Di Canio dopo una delle numerose accuse rivoltegli negli anni passati. La questione, dunque, sta nella decisione dell’interruzione della collaborazione tra Sky e l’ex giocatore avvenuta solo a posteriori dell’insorgere della polemica per il suo tatuaggio. La maggior parte degli “opinionisti” parla di atteggiamento ipocrita tenuto dall’emittente satellitare. Tra questi, è la leader di Fratelli D’Italia Giorgia Meloni a “cavalcare l’onda” della polemica. Stamani, su Radio Cusano Campus, la deputata ha dichiarato: «Il tatuaggio di Di Canio? Usare una figura, sapendo tutto di quella figura, finché ti serve a fare dei soldi e poi cacciarla alla prima polemica mi sembra sempre molto ipocrita. Paolo Di Canio non ha mai nascosto le sue idee e i suoi tatuaggi, e credo anche che questa sia una buona cosa nelle persone, in generale».

 

L’apologia di fascismo cozza con l’articolo 21?

Questa vicenda rimette su piazza una delle questioni più dibattute della democrazia italiana, e in generale delle democrazie sviluppate: dove inizia e dove finisce la libertà di pensiero e di parola, in questo caso “di gesto”, in particolar modo quando si parla di un’ideologia, movimento, pensiero politico che ha come “retroterra culturale” un regime autoritario esistito o esistente. La Costituzione italiana vieta la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista (Disposizioni transitorie e finali XII). Sarà poi la legge Scelba (Legge n. 645 del 1952), che contiene le norme di attuazione della disposizione transitoria della Costituzione, ad introdurre nell’ordinamento italiano il reato di apologia del fascismo, secondo cui è sottoposto a sanzione “chiunque fa propaganda per la costituzione di una associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità di riorganizzazione del disciolto partito fascista”, e “chiunque pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche”. In Italia spesso, e soprattutto negli ultimi decenni, la giurisprudenza ha interpretato in maniera poco, se non per nulla, restrittiva il reato di apologia del fascismo, anche per il suo “apparente” cozzare con uno dei principali articoli della nostra Costituzione: l’articolo 21 che tutela la libertà di pensiero e parola.

E se Di Canio si fosse messo una giacca?

Questo breve excursus legislativo per dire che il caso Di Canio non è solo una semplice polemica. Rappresenta uno dei tanti casi in cui una questione rimane in una sorta di limbo tra ciò che dice la legge e ciò che dice l’opinione pubblica, senza trovare una soluzione quanto più uniforme, almeno a livello teorico. Fatto sta che, senza polemiche, stando almeno a quanto dice la stampa, Di Canio si è fatto da parte, accettando la decisione dei vertici Sky. Da parte loro, i vertici Sky staranno ben attenti, in futuro, a stringere collaborazioni con persone con preferenze politiche un po’ troppo estremiste e totalmente manifeste. Come hanno detto in molti in queste ore: “Bastava mettergli una giacca”. È vero, ed è proprio qui che sta l’ipocrisia.

Camilla Ferrandi