Brasile: il golpe della discordia
Brasile: il golpe della discordia
Sono passate più di due settimane dall’insediamento di Michel Temer come 37esimo presidente del Brasile. L’ultimo atto del processo di impeachment contro Dilma Rousseff (di cui avevamo già trattato durante le olimpiadi di Rio) si è concluso – nel senato brasiliano – con una larga maggioranza a favore della destituzione (61 favorevoli e appena 20 contrari).
Il deficit democratico della presidenza Temer
Non sono certamente giorni semplici per l’ex-vicepresidente di Dilma e neo-presidente Michel Temer, leader del partito centrista Partido do movimento democrático brasileiro (PMDB). Il parlamento conta con una percentuale inusitata di indagati per corruzione (la maggior parte per la gran trama di PETROBRAS e dell’operazione giudiziaria “Lava Jato”) e parte del popolo brasiliano si è sollevato immediatamente per protestare contro quello che è stato definito – da molti analisti e dallo stesso PT di Lula e Dilma – un “golpe parlamentare” o “golpe blando”.
La situazione politica è incandescente e Michel Temer ha già promesso importanti tagli alla spesa pubblica e privatizzazioni massive per poter rilanciare l’economia del colosso sudamericano. L’audacia e la perentorietà manifestata dal presidente Temer nel promuovere una ricetta economica neoliberista ha rafforzato la divisione tra i partitari del processo di impeachment (da un lato) e i sostenitori della teoria golpista (dall’altro). Tale frattura all’interno società civile brasiliana può portare a gravi disordini e a una escalation di tensione: le proteste di San Paolo potrebbero rappresentare la prima di una lunga serie di manifestazioni a favore di Dilma o del neo-presidente.
Ciò che risulta evidente è il deficit democratico della presidenza Temer. In assenza di una vittoria elettorale che legittimi l’attuale presidente, ogni azione politica di rilievo – che vada contro l’assetto politico ed economico costituito – viene interpretata (dai sostenitori di Dilma) come un attacco alla democrazia brasiliana.
Brasile: cambi nell’assetto geopolitico
Le reazioni dei vicini regionali non sono tardate ad arrivare e, come prevedibile, hanno seguito uno schema genuinamente ideologico. Da un lato troviamo il Cile di Michelle Bachelet e l’ Argentina di Mauricio Macri che approvano la legittimità del processo di impeachment nei confronti di Dilma. Entrambi gli Stati puntano fortemente sull’integrazione commerciale più che politica. Della corrente del regionalismo aperto, perseguono politiche economiche neoliberiste .
Nel caso cileno si può parlare tranquillamente di una “politica di Stato” (adottata come base per tutti gli schieramenti politici). Per l’Argentina è una questione maggiormente congiunturale. Dall’altro, i maggiori oppositori del 37esimo presidente della repubblica brasiliana sono Ecuador, Bolivia e – in prima fila – il Venezuela di Nicolas Maduro. Il successore di Chavez ha ritirato la propria delegazione diplomatica dal territorio brasiliano, affermando l’illegittimità del processo istituzionale.
Anche Correa e Morales hanno tacciato il processo qualificandolo come “golpe blando”, pur non adottando decisioni drastiche come quelle prese da Maduro. In linea di massima, la sinistra latinoamericana – della corrente del regionalismo postliberista – ha condannato l’azione che, secondo il pensiero dei socialisti, è stata genuinamente politica, piuttosto che giuridica.
La frattura interna al subcontinente si manifesta con sempre maggior chiarezza, disegnando una America Latina divisa in due, tra la corrente socialista-progressista e la conservatrice-neoliberista. Non solo: dopo un evento di tale portata, non potevano mancare reazioni e commenti di altri attori politici di rilievo. Durante l’ultima riunione del G-20, il primo ministro in funzione Mariano Rajoy (Spagna) ha invitato Temer (tra i partecipanti della riunione) a una visita ufficiale. Come risposta, sono piovute forti critiche da parte del partito di Pablo Iglesias, Podemos. Infine, lo stesso premier italiano Matteo Renzi ha provveduto a sondare il terreno per possibili collaborazioni economiche e commerciali con il paese carioca.
Futuro incerto per il Brasile: barcollante gigante americano
Quando ci avviciniamo verso la fine della terza settimana da presidente di Michel Temer, la situazione interna continua ad essere una polveriera, dove gli schieramenti politici chiamano a raccolta le rispettive basi popolari. Il sistema di alleanze in America Latina è in continua evoluzione e la mancanza di una legittimità democratica non facilita il compito del neo-presidente.
L’ attenzione dell’opinione pubblica globale è puntata sul barcollante gigante americano. Ancor prima della crisi economica, è la crisi politica e democratica che rischia di mettere in ginocchio il paese carioca. Il Brasile vive uno dei momenti più difficili della sua storia democratica dopo la fine della dittatura. Gli esiti di questa intensa ed estenuante battaglia politica avranno un impatto decisivo sulle dinamiche continentali e, probabilmente, sulle sorti degli assetti geopolitici mondiali.
Alessandro Faggiano