È ancora scontro nella Procura di Milano. Dopo la tensione degli scorsi mesi tra il Procuratore della Repubblica Edmondo Bruti Liberati e il pm Alfredo Robledo relativa al caso Ruby, è arrivata oggi anche la pronuncia del Consiglio Superiore della Magistratura. Ed è stata una bacchettata alla condotta di Bruti, che “avrebbe dovuto motivare le ragioni” per cui assegnò il coordinamento dell’inchiesta Ruby a Ilda Boccassini.
Dietro il ragionamento del Csm c’è, in primis, una motivazione di natura politica, vale a dire “scongiurare qualunque possibilità di rischio di esporre l’ufficio al pur semplice sospetto di una gestione personalistica di indagini delicate” sull’allora premier Silvio Berlusconi. Vi sono poi questioni anche di natura strettamente giurisdizionale: la Settima Commissione del Csm scrive che era necessario “un formale coinvolgimento” del magistrato Robledo sia nel fascicolo Ruby bis sia nel Ruby ter.
Il comportamento dello stesso Robledo, tuttavia, non è stato impeccabile, perché se è vero che ha subito una sorta di emarginazione dall’inchiesta, è altrettanto vera l’inerzia con la quale ha “sollecitato l’adempimento”. Anche sul caso Expo il Consiglio Superiore ha sollevato più di una rimostranza, a partire “dall’insistenza di Robledo nella richiesta di trasmissione atti per i quali era già stato attivato il necessario coordinamento“, nonché la “prospettata messa a rischio della segretezza delle indagini sull’esposizione universale per effetto della trasmissione di atti al Csm da parte di Robledo”.
In buona sostanza, dalla relazione dell’organismo di controllo della magistratura emerge una situazione piuttosto caotica all’interno della Procura milanese. Di più. La commissione parla esplicitamente di mancanza di “una precisa disciplina” per quanto riguarda i criteri di assegnazione dei fascicoli di indagine ai vari dipartimenti. E questo è dovuto ad un’organizzazione che presenta “significative lacune”. Tuttavia, contestualmente, il Csm sottolinea come i contrasti tra i pubblici ministeri non abbiano comportato né pregiudizi né ritardi per le indagini, condotte con tempestività ed efficacia. Ricordiamo che il là al rapporto della settima commissione è stato dato proprio da Robledo, che lo scorso marzo denunciò il comportamento di Bruti bollandolo come una sistematica “violazione dei criteri di organizzazione vigenti nell’ufficio sulla competenza interna”.