Narcos: la guerriglia ai tempi di Escobar
Narcos: la guerriglia ai tempi di Escobar
Verso gli inizi di settembre, è stata rilasciata la seconda stagione della serie del momento: Narcos. È la storia di uno dei più importanti narcotrafficanti mai esistiti, Pablo Emilio Escobar Gaviria, le cui gesta, nel bene e nel male, si confondono tra realtà e leggenda.
Narcos: una Colombia dilaniata dalla guerriglia.
Sul periodo storico in cui si svolgono le vicende narrate – spesso romanzate – della serie, aleggia costantemente l’oppressione di una guerriglia che sembrava non conoscere fine. Sin dalla fine degli anni ’50, vari gruppi armati – in particolare le FARC (Fuerzas armadas de la revolución Colombiana) d’ispirazione Marxista-Leninista – prendono il controllo di una parte del territorio rurale, vero terreno di conflitto tra governo e guerriglieri. La lista di civili, militari e guerriglieri caduti per via della faida fratricida si è allungata di anno in anno, provocando danni tanto materiali come morali e psicologici. Le fratture all’interno della società si resero così profonde da non poter prevedere una fine per il conflitto interno più drammatico vissuto dall’America Latina.
FARC e narcotraffico: l’accordo.
All’ interno del drammatico conflitto, il narcotraffico – specialmente l’ormai celebre Cartello di Medellin – ha svolto un ruolo estremamente importante. Una alleanza conveniente per entrambe le parti e legata, solo in minima parte, dalle simpatie di Escobar verso il progetto rivoluzionario. In primis, si trattava di un accordo basato sulla protezione (da parte delle FARC) e una condivisione delle entrate legate al traffico di droga con il gruppo guerrigliero. È risaputo che la maggior parte dei più grandi laboratori a disposizione del Patrón Escobar fossero installati nella selva. Le FARC (che agivano prevalentemente nelle zone rurali) trovarono beneficio nell’offrire protezione ai possedimenti di Don Pablo, in cambio di una percentuale degli introiti derivati dal narcotraffico. Le FARC trovarono una preziosissima fonte d’ingresso che permise loro di perseguire nella loro lotta per “liberare la Colombia dal giogo capitalista”. A cambio, i laboratori del Cartello di Medellin conseguirono una protezione indispensabile, che permise di mantenere un ritmo di produzione elevatissimo. Il governo di Bogotà si ritrovò – negli anni d’oro del cartello – a dover fronteggiare due avversari che hanno cercato di mettere in discussione, a più riprese, la legittimità del suo operato.
Narcos: USA – Colombia, politica di buon vicinato?
L’interesse dimostrato dagli Stati Uniti verso il narcotraffico non fu certamente un atto di altruismo. Ogni anno, miliardi di dollari venivano imbarcati verso la patria di Pablo Escobar, sottraendolo all’imponente economia statunitense. I costi derivati dalle spesa pubblica sanitaria aumentarono considerevolmente. Inoltre, affianco al tema puramente economico, si presentava un grave problema politico. In piena guerra fredda, la resistenza dimostrata dai gruppi guerriglieri filo-comunisti o marxisti-leninisti (l’ M-19, le FARC ecc.) obbligò gli States ad agire contro uno dei suoi principali alleati: il Cartello di Medellin, per l’appunto. Secondo la rinomata teoria dell’ “Effetto Domino”, o della “mela marcia”, nessuna Paese poteva cadere nelle mani di comunisti o filo-sovietici, in quanto avrebbe provocato un effetto a catena (teoria dell’ effetto domino) o “contaminato” gli Stati circostanti (teoria della mela marcia). Si comprende, pertanto, come gli Stati Uniti abbiano dimostrato un tale interesse verso le vicende colombiane. Sulla cattura e uccisione di Pablo Escobar, tra le varie firme, c’è anche una bandiera a stelle e strisce, risultata decisiva attraverso il lavoro sul campo della CIA (il servizio d’intelligence) e della DEA (dipartimento anti-droga).
Narcos: a due passi da una pace storica
Dopo quasi 60 anni di guerriglia, sembra essere finalmente giunto il momento della pace. Le trattative sono state lunghe, estenuanti, interrotte e riprese più e più volte. Mancano solo due passi per raggiungere un obiettivo condiviso da intere generazioni: un “si” al referendum sull’accordo definitivo di pace e – posteriormente – una effettiva realizzazione del programma di risanamento del danno – tanto materiale come morale – e il processo d’integrazione degli ex-guerriglieri all’interno della società colombiana. L’ ONU e altre ONG preparano i loro osservatori per poter monitorare costantemente il regolare svolgimento dell’operazione. I tempi sembrano finalmente maturi e il mondo guarda con illusione al possibile “final feliz” del terribile dramma che ha vissuto la Colombia per oltre mezzo secolo.
Narcos: il mondo guarda la Colombia
La serie prodotta da Netflix, oltre all’omaggiare lo spettatore con un prodotto di altissima qualità, permette di canalizzarne l’attenzione sulla Colombia, alla ricerca della realtà: chi è stato veramente Pablo Emilio Escobar Gaviria, quanto è stato rilevante l’appoggio della DEA e della CIA nell’operazione di cattura del Patrón, quali erano gli interessi dei gruppi guerriglieri e paramilitari, e molto altro ancora. Fatto sta che “Narcos” ha attirato l’attenzione dell’opinione pubblica globale sulla Colombia, in un momento storico per lo Stato dei “cafeteros”. Più che provocare inconsulti gesti di emulazione da parte della gioventù colombiana, la storia – romanzata – di Escobar sembra riuscire ad aprire una porta sulla storia del Paese, incuriosendo, chiedendosi quanto di ciò possa essere vero e quanto sia frutto di pura invenzione. Ma si sa, il realismo magico è nato lì, dalla ispirata penna di Gabriel García Márquez, in una Colombia che ha dovuto aggiungere un tocco di magia, per fronteggiare una realtà che è stata fin troppo crudele, per fin troppo tempo.