Jobs act, CGIL: “assunzioni a termine pari al 71% del totale”

Pubblicato il 24 Settembre 2016 alle 17:21 Autore: Alessandro Faggiano
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Jobs act, CGIL: “assunzioni a termine pari al 71% del totale”

Secondo il maggior sindacato italiano, come risultato del jobs act, si sono rilevati un 71% di contratti a termine. Critiche (le ennesime) da parte della CGIL, risposte piccate da parte del governo.

CGIL: “lavoro precario e instabile”

Secondo la CGIL, “Il lavoro precario e instabile si conferma nel 2016 la forma assolutamente predominante di accesso al mercato del lavoro e le nuove attivazioni a tempo indeterminato, inferiori non solo al 2015 ma anche al 2014, dimostrano in maniera evidente che l’elemento predominante per le scelte delle aziende è stato quello degli incentivi”.

 

È questa una delle prime conclusioni della Confederazione Generale Italiana del Lavoro sulla riforma del mercato del lavoro, conosciuta con il nome di Jobs Act, pilastro dell’ esecutivo Renzi. Il governo ha cercato di “dinamizzare il mercato” attraverso una flessibilizzazione e semplificazione della normativa vigente. Ciò ha portato ad un effettivo incremento del numero di contratti siglati, ma – al contempo – a una riduzione della qualità (in termini di ore, salario, e metodo di contribuzione) e della stabilità del lavoro. Secondo le statistiche riprese dalla CGIL, le imprese optano per il pagamento attraverso voucher, sfruttando gli incentivi all’ assunzione senza, però, passare dal contratto a tempo determinato a quello indeterminato.

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La replica del PD e dei sostenitori del Jobs Act

In seguito alla pubblicazione del report, una buona parte del Partito Democratico ha preso le difese della riforma. Il Deputato Giampaolo Galli assume che “i quasi 600.000 mila contratti prodotti dagli incentivi del Jobs Act sono un `mezzo miracolo’ e che più di così non si poteva fare”. Anche la vicepresidente alla camera per il gruppo del PD, la deputata Di Salvo, sostiene la bontà della riforma. Secondo i dati della Di Salvo, il numero di contratti a tempo indeterminato è aumentato di 400.000 unità. Sul piano puramente politico, afferma che “spendere risorse pubbliche per incentivare il lavoro a tempo indeterminato è una scelta che non si era mai fatta prima”. Poletti, invece, considera la possibilità di rivedere gli incentivi. Lo stesso primo ministro è tornato ad esporsi pubblicamente in merito alla sua riforma. Pochi giorni fa è andato in onda l’ incontro-scontro tra Marco Travaglio e Matteo Renzi, in casa di Lili Gruber: “8 e mezzo”. Il capitolo dedicato al Jobs Act è stato estremamente teso, con un Renzi fiducioso nella riforma e un Travaglio all’attacco, contro la precarizzazione e la diffusione capillare del pagamento in voucher. Infine,  da Bruxelles sono arrivate parole di sostegno a favore del Jobs Act: la BCE afferma che la riforma del mercato del lavoro abbia contribuito a dinamizzare l’occupazione.

Jobs act: flessibilità contro qualità

La flessibilizzazione del mercato del lavoro ha prodotto una certa dinamizzazione. Da un lato, potrebbe giovare alla ripresa dell’economia sul piano della produzione nazionale, che genera un clima di fiducia tanto per il governo che per le istituzioni comunitari.  Da quello del cittadino, invece, è certamente più difficile riuscire a percepire quella fiducia, necessaria per poter investire, spendere e riattivare i circoli virtuosi dell’economia. In termini macroeconomici, la fiducia nel futuro del consumatore (derivante dalla stabilità lavorativa, l’andamento del Paese e altri fattori) incide direttamente sull’economia: a un minor grado di fiducia, corrisponde una minor propensione al consumo. Meno consumi comportano una contrazione della produzione e, pertanto, del mercato lavorativo. Ciò che manca attualmente, per poter promuovere un aumento della fiducia ,  è una struttura che garantisca continuità e stabilità economica all’ individuo. Probabilmente, nel gioco delle parti, bisognerà tirare un po’ da un lato e un po’ dall’altro, per arrivare al giusto compromesso: non solo flessibilità, non solo qualità. Se la prima componente è decisiva in un modello economico neoliberista, la seconda è altrettanto importante per poter promuovere una società giusta ed egualitaria.

 

L'autore: Alessandro Faggiano

Caporedattore di Termometro Sportivo e Termometro Quotidiano. Analista politico e politologo. Laureato in Relazioni Internazionali presso l'Università degli studi di Salerno e con un master in analisi politica conseguito presso l'Universidad Complutense de Madrid (UCM).
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