TTIP: cause ed effetti geopolitici di un accordo in stallo
TTIP: cause ed effetti di un accordo in stallo
Dopo un periodo di gran fermento in cui partitari del trattato e, ancor di più, i suoi oppositori, hanno portato avanti una battaglia informativa e contro-informativa, sembra che (almeno per il momento) il TTIP rimarrà un progetto irrealizzato. Scopriamo cause ed effetti di un accordo strategico in piena fase di stallo.
La prospettiva geopolitica del TTIP
Già si è sentito parlare sufficientemente dell’ accordo transatlantico di libero commercio, conosciuto come TTIP. Risaltano, ovviamente, gli effetti economici e commerciali – più immediati e riconoscibili -. Ciò nonsotante, per comprendere le reali cause dello stallo in cui si trovano le negoziazioni sul TTIP, bisogna partire da una prospettiva politica e geopolitica. Il TTIP apre un canale privilegiato nel canale commerciale tra Stati Uniti e Unione Europea. Ciò significa che i mercati – da ambo i lati – conseguirebbero una forte ridistribuzione verso la rotta transatlantica. In un mondo globalizzato e multipolare, una rinnovata (e rafforzata) alleanza tra il Paese semi-egemonico e il vecchio continente rappresenta un colpo (per lo meno morale) a una serie di importanti progetti antiegemonici. Se l’ Unione Europea agisse come attore politico totalmente indipendente, l’ opzione del TTIP sarebbe stata molto più facilmente percorribile. Attraverso il Trattato, si garantirebbe una importante fluidità del commercio e dell’economia, fondata nella prospettiva economica dominante del neoliberismo. Gli stessi U.S.A.- dopo il fallimento dell’ ALCA – mirano all’ Europa, nella ricerca di un partner commerciale stabile e con un PIL complessivo che supera quello di qualsiasi altro Stato.
TTIP: le cause dello stallo
Come detto, se l’ Unione Europea agisse come attore indipendente, il TTIP sarebbe stato firmato già da tempo. Ovviamente, non è questo il caso. L’ indirizzo politico dei singoli governi nazionali è assolutamente decisivo per marcare le linee guida dell’azione comunitaria. Ciò comporta che anche un solo cambio politico importante, in un singolo Stato dell’ Unione, è sufficiente per poter mettere in crisi un progetto già in fase avanzata. È il caso del Regno Unito che – dopo il Brexit – mette a rischio gli assetti geopolitici all’ interno dell’ Europa. L’ attuale instabilità non concede la sicurezza necessaria per poter procedere con il trattato, in quanto la stessa Unione si ritrova spaccata al suo interno, divisa tra eurocritici, eurofobici e conservatori. Queste fratture si incrociano con altre divisioni certamente più stabili e antiche, di ordine geopolitico. La Germania (vero leader e motore dell’ Unione e del suo indirizzo politico-economico) si ritrova a dover fronteggiare una crisi tanto nelle istituzioni comunitarie (la Brexit è stato un catalizzatore per l’affiorare delle istanze del malcontento popolare) tanto all’interno dello stesso Paese (dove la CDU di Angela Merkel è in fase discendente).
Non è solo l’ Unione ad essere instabile: anche gli Stati Uniti, a ridosso delle elezioni, non possono garantire la stessa linea promossa dal presidente Obama. La massima incertezza regna sulle elezioni di novembre e il TTIP non è stato considerato come tema centrale per nessuno dei due candidati. Fino all’ insediamento del prossimo (o prossima) presidente degli Stati Uniti d’America, sarà pressocchè impossibile proseguire nelle negoziazioni. L’ interventismo della Clinton, nonchè la sua affiliazione partitica al presidente uscente, potrebbero essere indicativi circa le possibilità (o quantomeno le intenzioni) di continuare i negoziati. D’altro canto, Trump potrebbe essere più reticente ed aprire un canale verso il Pacifico, più che verso l’ Atlantico. Infine, non si possono dimenticare le manifestazioni di protesta celebrate in tutta Europa per dire “no al TTIP”. L’ opinione pubblica – a scala europea – si è dimostrata fortemente reticente nei confronti di un accordo che de-regolarizzera il mercato dell’ industria alimentare. L’ intervento di molte ONG e di alcuni importanti partiti europei (tra cui Podemos e Movimento 5 stelle) ha facilitato la conoscenza del tema. In un periodo di forte delegittimazione delle istituzioni Comunitarie, l’intervento popolare ha funzionato come deterrente, schierandosi apertamente contro il TTIP.
Conseguenze geopolitiche del fallimento del TTIP.
Nell’ eventualità di un fallimento definitivo dell’ accordo (in apparenza sempre più probabile) gli Stati Uniti potrebbero convergere verso il gran vicino del nord, il Canada, o tentare l’apertura verso la Cina. Inoltre, terrà sotto stretta osservazione l’evolversi della situazione in America Latina. il ritorno al governo dei neoliberisti in importanti Paesi del Sud America come Brasile, Argentina e – in parte – Venezuela, può far pensare a un riavvicinamento, possibilmente attraverso il Mercosur e altre Organizzazioni Internazionali. Per l’ Unione il discorso è più complesso: gli effetti prodotti dal Brexit non si sono ancora esauriti, e molti di essi si vedranno nel medio e lungo periodo. Le posizioni geopolitiche sono decisamente più variegate ed eterogenee, in quanto ogni Paese (a seconda della sua posizione geografica, economica e politica) può tendere verso un determinato schema di alleanze piuttosto che un altro. Varie fazioni politiche dei Paesi Mediterranei (tra questi, Syriza in Grecia, Podemos in Spagna e M5S in Italia) credono in una produttiva alleanza euromeditteranea. La linea ufficiale dell’ Unione è quella di stimolare ulteriormente il mercato interno, nonchè la collaborazione economico-commerciale con i Paesi vicini (descritta dalla “European Neighbourhood Policy“). Infine, molti eurocritici opterebbero per un restringimento generale dell’ integrazione economica, monetaria e politica. La finalizzazione dei negoziati (tanto che portino a un successo o a un fallimento degli stessi) porterà all’ immediata apertura verso differenti scenari geopolitici, in cui la congiuntura economica e politica sarà cruciale per poter stabilire un determinato cammino: in questo preciso momento storico (in cui regna l’incertezza) la congiuntura internazionale diventa assolutamente rilevante, anche più della stessa situazione all’ interno di un singolo Paese.