Competitività Italia, per il Word Economic Forum scendiamo al 44° posto, sotto Indonesia e Azerbaijan
Avevamo gioito nel 2015, quando avevamo recuperato ben 6 posizioni dal 2014, andando al 43esimo dal 49esimo posto.
Avevamo sperato che fosse finita la maledizione che ci vedeva lontani dai Paesi cui pensiamo per destino di essere associati, e invece affiancati da altri che normalmente riteniamo essere altro, essere Terzo Mondo o parte di quel mondo emergente che deve ancora raggiungerci.
E invece no, ci ha già raggiunto e superato, e nel 2016 ne abbiamo la conferma, perchè dal 43esimo posto invece di migliorar siamo peggiorati, siamo al 44esimo
Come si vede al primo posto c’è la Svizzera, seguita da Singapore e Stati Uniti
Crescono i Paesi Bassi, cede un posto la Germania, ma rimane tra i primissimi. Poi Svezia e Regno Unito che guadagna tre posizioni. Sarà interessante vedere, quando avverrà, gli effetti della Brexit
Noi siamo superati, e di molto, dalla Francia, ma non solo, anche dalla Spagna, e da una serie di Paesi con un reddito inferiore al nostro, per esempio l’India, che è in periodo di poderosa crescita e guadagna 16 posizioni, andando al 39° posto, o l’Indonesia, Panama, l’Azerbaijan, nonchè la Thailandia.
Ma quali sono i criteri per questa classifica, e perchè l’Italia rimane così indietro?
Competitività Italia, la croce del settore statale e della finanza sottosviluppata
Beh sono tantissimi gli indici, di fatto riguardano le seguenti macro-aree
– Istituzioni
– Infrastrutture
– Ambiente Macroeconomico
– Salute ed educazione primaria
– Educazione superiore e apprendistato
– Efficienza del mercato dei beni
– Efficienza del mercato del lavoro
– Sviluppo del mercato finanziario
– Sviluppo tecnologico
– Grado di sofisticazione de business
– Innovazione
E questo è il punto in cui l’Italia è in questo momento:
Le categorie peggiori sono quelle riguardanti le istituzioni, l’efficienza del mercato del lavoro e lo sviluppo dei mercati finanziari, in cui siamo oltre il 100esimo posto.
Si deve dare atto che sul lavoro però l’Italia ha scalato molte posizioni, 17 dal 2014, e in ogni caso tutti i Paesi europei, prevedendo una regolazione, dei diritti a tutela del lavoratore, delle misure come il salario minimo, risulta più indietro di Paesi asiatici in cui vige il far west. Il punto è che gli altri Paesi compensano nelle altre voci, mentre l’Italia lo fa poco.
E’ più grave il 131esimo posto nella disponibilità di venture capital, che in molti Paesi, come quelli anglosassoni, è il driver dell’innovazione e della nascita di nuove aziende.
E poi il 136esimo posto nell’efficienza della giustizia nelle vertenze riguardanti le imprese, un grosso ostacolo all’arrivo di investimenti per esempio dall’estero.
E ancora, un altro 136esimo posto, di fatto il terzultimo, sul peso delle regolamentazioni statali.
Il 130esimo per quanto riguarda gli sprechi della spesa pubblica!!
Il 116esimo per la fiducia del pubblico nella politica
Le buone notizie?
Siamo al quinto posto quanto a durata media della vita, lo stato di sviluppo dei distretti produttivi, il livello delle tariffe doganali.
La categoria riguardante la salute e l’educazione primaria è quella in cui facciamo meglio, con il 23 esimo posto, ma dal punto di vista puramente economico le nostre performance sono al contrario piuttosto deprimenti
Competitività Italia, tasse e burocrazia le nostre croci
Una rappresentazione piuttosto agile ed esplicativa della situazione italiana viene data da un grafico che illustra la posizione dell’Italia rispetto ai dodici pilastri dello sviluppo, e il confronto con quello che gli altri Paesi europei e nordamericani hanno conseguito.
Superiamo la media solo nelle dimensioni del mercato mentre siamo significativamente inferiori nello sviluppo dei mercati finanziari e nel campo delle istituzioni. In queste due categorie il nostro “voto” è rispettivamente 3,1 e 3,5 su 7
Ma in concreto, nella vita di tutti i giorni cosa ci impedisce più di altro di aumentare la nostra competitività?
Il World Economic Forum ha condotto anche un questionario tra imprenditori e manager sui maggiori ostacoli al fare business in Italia e quello che è emerso, al primo posto, è l’ammontare delle tasse, troppo alte, seguite subito dopo dall‘eccessiva burocrazia dello Stato, dalla difficoltà di accesso ai capitali finanziari, e così via.
La cosa interessante è che pochissimi, solo lo 0,2%, citano l’instabilità di governo tra gli ostacoli peggiori.
Eppure è proprio questo tema quello che ora è tra i più utilizzati nella campagna per il referendum, per l’abolizione del Senato, nonchè per convincere della bontà della nuova legge elettorale, l’Italicum. L’idea che una approvazione più rapida, grazie al monocameralismo di fatto, e un governo composto da un solo partito, possa accelerare e favorire l’approvazione di riforme economiche è alla base dell’importanza data a queste riforme istituzionali.
Questi dati ci dicono che in ogni caso non basta, che l’impatto, se c’è, è minimo sull’economia, che è necessario abbassare le tasse e riformare profondamente la pubblica amministrazione.