Centrodestra, Parisi: mai alleato con Renzi, sono contro le larghe intese
“Io alleato di Renzi? Non se ne parla proprio, sono contrario alle larghe intese”. Stefano Parisi affida al Corriere della Sera questa frase sibillina per sgombrare il campo da qualunque dietrologia su un possibile “inciucio” con il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, in caso di vittoria del “No” al referendum del prossimo 4 dicembre. Nonostante il nuovo federatore del centrodestra abbia più volte rilanciato pubblicamente la proposta di un’assemblea costituente per modificare la Costituzione in maniera condivisa, Parisi stamani ha allontanato la possibilità di un governo di larghe intese post-referendum: “I governi di grande coalizione non mi convincono – ha detto l’ex manager di Fastweb al quotidiano di Via Solferino –. Intanto perché questo modello è in crisi in Austria, in Olanda e anche in Germania, e poi perché proprio questa soluzione sta alimentando l’antipolitica. Quando invece si confrontano due piattaforme programmatiche alternative, com’è accaduto a Milano, le forze anti-sistema vengono marginalizzate”.
Il centrodestra e il “modello Milano”
La nuova parola d’ordine di Parisi e i suoi, quindi, è quella di ricalcare il “modello Milano” che ha portato alla contesa tra due candidati credibili di centrodestra e centrosinistra (alla fine ha prevalso Beppe Sala), marginalizzando così il Movimento 5 Stelle che alle amministrative di giugno non ha superato il 10% dei voti. Da non replicare invece il “modello Roma” in cui il centrodestra è sceso in campo con due candidati diversi – Giorgia Meloni (Fdi e Lega) e Alfio Marchini (Ncd e FI). Con un candidato unitario anche nella Capitale, probabilmente, il centrodestra sarebbe arrivato al ballottaggio scalzando il candidato del Partito Democratico, Roberto Giachetti, e mettendo in grossa difficoltà Virginia Raggi al secondo turno. Così non è stato e la risposta unanime giunta dal centrodestra dopo le amministrative di giugno è stata: “uniti si vince”. Oggi, però, l’unità nel centrodestra sembra perlomeno improbabile.
Salvini ha dichiarato più e più volte che “chi appoggia Renzi, non può stare con la Lega”. Un chiaro e diretto messaggio a tutto quel mondo centrista – da Alfano a Lupi, passando per Formigoni e Cicchitto – con cui il segretario del Carroccio non vuole avere nulla a che fare. Ma le distanze si rilevano anche tra Forza Italia e le forze lepeniste, ovvero Lega e Fratelli d’Italia. Salvini, subito dopo la sconfitta a Milano, aveva iniziato a prendere le distanze dal candidato Parisi e oggi lo attacca pubblicamente, non riconoscendogli quella legittimità da nuovo leader del centrodestra in pectore (“il mio interlocutore è Berlusconi”). Poi, oltre alla leadership, un altro tema di attrito nel centrodestra è quello del rapporto con l’Europa e con l’Euro: non si comprende come posizioni così distanti nei confronti dell’Ue e della moneta unica di Forza Italia e di Lega-Fdi possano essere conciliabili per il governo del paese. Molti in realtà credono che alla fine, prima delle politiche, si troverà la quadra e che l’opportunità di vincere le elezioni (o almeno di andare al ballottaggio) farà passare in secondo piano le fratture apparentemente insanabili tra le diverse forze politiche. Ma tant’è. Fino ad oggi, al netto delle dichiarazioni congiunte sul “No” al referendum di dicembre, spiragli di collaborazione non se ne vedono.
Italicum, Parisi: eliminare il ballottaggio e cambiare il premio di maggioranza
A questo proposito, bisognerà capire quali saranno gli sviluppi della legge elettorale. Con l’Italicum che assegna il premio alla lista e non alla coalizione, se il centrodestra vuole avere qualche speranza di vincere le elezioni, dovrà riunirsi in un “listone” unico con dentro di tutto e di più. Meglio, invece, sarebbe la modifica del premio di maggioranza alla coalizione che permetterebbe alle diverse forze politiche di presentarsi divise di fronte ai propri elettori mantenendo unita la propria base elettorale. Così, proprio Parisi al Corriere della Sera è tornato sull’argomento chiedendo la modifica dell’Italicum in questo senso: “In caso di No al referendum, il governo dovrebbe approvare una nuova legge elettorale per eliminare il secondo turno e rivedere il premio di maggioranza” che però non deve essere “eccessivo perché altrimenti i cittadini si sentirebbero esclusi dalle scelte e non andrebbero a votare”. “In Parlamento deve esserci una maggioranza che corrisponda alla maggioranza del Paese” ha concluso Parisi.
@salvini_giacomo