Referendum Costituzionale, a LoppianoLab dibattito per un voto ragionato
Referendum Costituzionale, a LoppianoLab dibattito per un voto ragionato
Si è aperta stamattina la settima edizione di LoppianoLab, la tre giorni del Movimento dei Focolari promossa dal Polo Lionello Bonfanti, dal Gruppo editoriale Città Nuova e dall’Istituto Universitario Sophia che si svolge in tre sedi presso la cittadella internazionale di Loppiano, tra Firenze e Arezzo. Il filo conduttore di quest’anno è “Powertà. La povertà delle ricchezze e la ricchezza delle povertà” e tra dal 30 settembre al 2 ottobre 2016 offre approfondimenti in ambito economico, culturale, comunicativo e formativo. Tra i primi appuntamenti, si è tenuto oggi il forum “Io sto con il referendum. Le ragioni del si, le ragioni del no: per un voto informato e ragionato”, moderato da Michele Zanzucchi, direttore di Città Nuova.
LoppianoLab: i focolarini si schierano per l’unità e l’ascolto
Il Movimento Politico per l’Unità, fondato da Chiara Lubich, qui rappresentato da Silvio Minnetti, di fronte da Referendum Costituzionale che si voterà il 4 dicembre ha scelto di schierarsi, ma non per il sì o per il no, bensì a favore di una posizione che entri nel merito, nei contenuti della riforma Renzi-Boschi, anelando comunque ad una democrazia partecipativa e deliberativa. Minnetti ha riconosciuto che anche all’interno del mondo dei focolari, ma più in generale all’interno del Paese, ci sono posizioni diverse e quindi un dibattito tra le differenti posizioni come questo di LoppianoLab può aiutare il cittadino – “l’arbitro cui spetta poi scegliere quale sia la proposta migliore”, ha affermato Minnetti – ad orientarsi, ma un confronto non basta, “dobbiamo studiare”.
Gli ospiti impegnati per il sì erano Salvatore Curreri, docente di diritto pubblico dell’Università di Enna “Kore”, Cristina Guarda, consigliera regionale del Veneto, e Edoardo Patriarca, deputato del Partito Democratico. Per il no invece sono intervenuti Raniero La Valle, già direttore de “L’Avvenire d’Italia”, parlamentare della sinistra cristiana e promotore dei Comitati Dossetti per la Costituzione, il senatore del M5S Giovanni Endrizzi e Antonio Palmieri, deputato di Forza Italia dal 2001.
Salvatore Curreri: “Uscire dal complesso del tiranno”
Il professor Curreri ha sottolineato la presenza, all’interno di quella che è stata definita la “Costituzione più bella del mondo”, di un compromesso al ribasso, soprattutto nella seconda parte, avvenuto tra due schieramenti che non si fidavano pienamente. Da ciò avremmo ereditato il “complesso del tiranno”, ossia del timore che il rafforzamento dell’esecutivo possa andare a scapito della democrazia. A detta di Curreri l’Italia ormai avrebbe la maturità per uscire da tale “complesso del tiranno”, che tuttavia continuerebbe ad esistere negli scenari apocalittici prefigurati da una parte del “comitato del no”. Portando esempi di paesi in cui il governo ha più poteri, senza essere per questo totalitari, l’attuale assetto italiano di “bicameralismo paritario” sarebbe un unicum tra le grandi Nazioni; esso ha dato vita più volte a maggioranze politiche diverse tra Camera e Senato, creando situazioni di potenziale stallo.
Anche se la presente Riforma non sarebbe perfetta, Curreri condivide l’adagio secondo cui “l’ottimo è nemico del bene”; essa inoltre rafforzerebbe i contropoteri, come gli istituti di democrazia diretta, seppur a fronte di un aumento delle firme necessarie, oppure con la previsione dello statuto delle opposizioni. Una dittatura non sarebbe possibile in Italia, perché ci sarebbe pur sempre la possibilità di ricorrere di fronte a giudici italiani e internazionali. Venendo alla questione Italicum, Curreri apprezza la logica del ballottaggio resasi necessaria, a suo avviso, soprattutto nell’attuale scenario tripolare, che è quella che ha permesso a Virginia Raggi e a Chiara Appendino di diventare sindache di Roma e Torino. L’alternativa sarebbe una situazione di stallo come quella spagnola oppure con governi di coalizione, ipotesi esclusa a priori dal Movimento 5 Stelle.
Raniero La Valle: “La Riforma ci farebbe uscire dalla democrazia parlamentare”
Raniero La Valle ha mostrato un’opinione differente, esplicitando innanzitutto la personale “ragione di verità”, ossia capire “che cosa il referendum dice di sé, cosa rivela del dramma politico attuale”. La “verità è il criterio supremo su cui viene giudicato il potere”, ha affermato La Valle. La Riforma abolisce il Senato, come sostengono alcuni, o i senatori, come dicono altri? Anche la polemica riguardo il testo che comparirà sulla scheda sarebbe mal posta: “il quesito è così perché riproduce il titolo dato dai banditori della nuova riforma e autori della nuova costituzione”. La questione sarebbe semmai capire se il titolo della legge sia veritiero oppure se esso miri a “risultati del tutto diversi e tenuti nascosti”. Se il Senato del Regno d’Italia si configurava come una “camera alta” di nominati dal Re e la Camera bassa era eletta da parte del popolo, i Padri Costituenti decisero al contrario di dare ad entrambe le camere la medesima statura, ma la Riforma Renzi-Boschi ripresenterebbe un assetto di disparità.
Inoltre, con la Riforma Costituzionale, i Senatori nominati all’interno delle autonomie locali saranno sottoposti ad una “tempistica massacrante”, secondo La Valle, perché per non saltare alcuni termini stretti “dovrebbero stare a Roma molto più a lungo dei deputati”; tutto ciò “rischia di trasformarsi in un sabotaggio delle autonomie da parte del Senato”. Il Senato non è stato abolito – “forse perché i rottamatori erano troppo conservatori e legati alla vecchia classe politica” – bensì “depotenziato per renderlo innocuo, togliendogli l’unico potere che dava fastidio: quello di dare e togliere la fiducia”. Se vincesse il sì, secondo La Valle si uscirebbe dalla “democrazia parlamentare”; non si tratta necessariamente del pericolo di un tiranno, ma – soprattutto con il combinato della legge elettorale Italicum – potrebbe salire al potere anche “un idiota, un apprendista stregone”, ed esso sarebbe irremovibile per 5 anni.
Endrizzi (M5S): “Pubblicità ingannevole, l’obiettivo è blindare la casta”
Sono poi intervenuti gli ospiti più marcatamente politici, a partire da Giovanni Endrizzi (M5S) che ha esternato la preoccupazione per la concentrazione dei poteri, non tanto dal punto di vista formale, quanto sostanziale, con il rischio di invertire il rapporto di delega tra parlamento e governo. Ha detto di non comprendere la necessità di aumentare il numero di firme per abbassare il quorum ai referendum, ha fatto notare che il 90% dei costi del Senato rimarrà, al prezzo di una compressione della democrazia, e non ha esitato a parlare di “pubblicità ingannevole” per una riforma che nasconde l’obiettivo di “blindare la casta nel suo sistema”, in vista di un governo che possa fungere da “esecutore fallimentare dell’Italia in sede europea”.
Guarda (consigliera veneta, Moretti Presidente): “Risparmi da reinvestire nel welfare”
Cristina Guarda, Consigliera della Regione Veneto, ha motivato il suo sostegno alla Riforma costituzionale in termini di risparmio, e quindi maggiori risorse per altre voci di spesa, ad esempio per il welfare. Questo avverrebbe sia grazie al nuovo Senato, sia grazie alle modifiche al titolo V della Costituzione che eviterebbero gran parte delle spese legali per i contenziosi tra Stato e Regioni, i quali solo nell’ultimo anno sono 115. Il Senato, occupandosi solo “del 3% delle leggi”, avrebbe anche la possibilità di raccogliere le “best practices” locali.
Palmieri (Forza Italia): “Meno democrazia e più confusione”
L’On. Antonio Palmieri ha invece mostrato schematicamente alcuni motivi per cui la Riforma porterebbe “meno democrazia e più confusione”: non si conoscono ancora le modalità di elezione dei senatori, accentrerebbe il potere al governo, con un nuovo “centralismo democratico” che schiaccerebbe Regioni e Parlamento in nome di una “clausola di supremazia”. Il calcolo del 3% riportato da Cristina Guarda potrebbe lievitare con “l’IVA”, ossia tutte le 10 modalità con cui anche il Senato può concorrere all’iter legislativo, e il risparmio sarebbe pari al costo di un cacciabombardiere F35. Il comitato del sì, avendo parlato prima quantificato i risparmi in 1 miliardo di euro per poi convenire alla più modica cifra di poco meno di 60 milioni di euro, non sarebbe credibile. Sulla questione del testo della scheda elettorale, Palmieri si è complimentato con Renzi perché “è più bravo di Berlusconi nel dare il titolo alle leggi”, anche se “il problema non è il titolo del tema, ma lo svolgimento”. Se vincesse il no non ci sarebbe il diluvio, bensì un altro governo, una nuova legge elettorale e nuove elezioni.
Patriarca (PD): “Si tratta solo di efficienza, la democrazia non è in gioco”
L’ultimo degli interventi politici è stato quello di Edoardo Patriarca, che ha voluto sottolineare i sei passaggi parlamentari di questa Riforma costituzionale, dibattuta, “macinata e modificata parecchie volte” dal Parlamento. Ad ogni modo, sia che vinca il sì, sia che vinca il no, “la democrazia non è minacciata dall’esito del referendum”, in quanto l’Italia sarebbe un paese democratico, una Repubblica “fatta dai cittadini e dalle sue organizzazioni”, che hanno una solidità maggiore di quanto comunemente di pensi. La Riforma avrebbe il merito di risolvere l’inefficienza, poiché oggi giacciono molti provvedimenti approvati in prima lettura che attendono l’approvazione definitiva dall’altra Camera e risolverebbe i problemi di un “regionalismo fatto male” che ha dato vita a 20 welfare diversi e 20 uffici del turismo diversi; si tratterebbe quindi solo di un problema di efficienza, perché “il resto è solo molta polemica pro o contro Renzi”.
Gli spunti del pubblico
Tra gli interventi del pubblico si segnalano quello di Jacopo, capo scout Agesci che ha domandato quale logica sia sottostante a tale Riforma, se politica o economica, quello di Marco, consigliere circoscrizionale di Torino che ha invitato a guardare alla “sporcizia” interna ai partiti e ai movimenti – sollecitando una legge che regoli il funzionamento interno e le espulsioni – perché “se un corpo malato entra in un corpo pulito lo sporca”, e quello di un rappresentante del movimento scout di Trieste, anch’egli di nome Marco, che ha sottolineato la bassa qualità della produzione legislativa, ivi compresa tale riforma.
Gli interventi conclusivi
È seguito poi un giro conclusivo di risposte. L’On. Patriarca ha affermato di non conoscere motivazioni nascoste in tale Riforma: “evidentemente sono ingenuo, ho letto i testi, li ho votati in coscienza, cercando di essere onesto con me stesso”. Il Senatore Endrizzi, dal canto suo, ha evidenziato come la finanza internazionale, nello specifico JP Morgan, abbia fortemente voluto una riforma delle istituzioni italiani perché troppa democrazia ostacolerebbe il recepimento delle loro decisioni. La “clausola di supremazia” garantita al governo, poi, intaccherebbe il principio di decentramento presente nei primi 12 articoli della Costituzione, nonostante essi non siano formalmente modificati.
La Valle: “Vogliono sostituire la sovranità del popolo con la sovranità dei mercati”
Infine La Valle ha inquadrato la riforma in un “processo di restaurazione avviato e condotto da classi dirigenti pentite della grande scelta di rinnovamento e di democrazia fatta dopo la Seconda Guerra Mondiale”. Si tratterebbe di un pentimento nei confronti della “democrazia parlamentare”. A spingere per questa riforma sarebbero, da 35 anni, “le grandi banche, le borse, la scuola di Chicago, le ditte del mercato globale, la finanza”, che già hanno ottenuto molte cose, nell’ottica di una “sostituzione della sovranità del popolo con la sovranità dei mercati”, che rappresenterebbe la “vera posta in gioco”. Con tale Riforma sarebbe più facile “applicare le indicazioni che vengono dai dogmi economici, dall’economia che uccide, dalla società dell’esclusione che sta diventando invivibile non solo per i profughi ma anche per gli abitanti paesi industrializzati”. Una “riforma strategica”, secondo La Valle, dovrebbe recuperare quanto perduto, ad esempio sarebbe indispensabile abrogare l’articolo 87 del Trattato di Funzionamento dell’Unione Europea che impedisce l’intervento pubblico nell’economia.
Curreri: “Decideranno i cittadini, non i mercati. Vinciamo la paura”
Concludendo, Curreri ha evidenziato alcune inesattezze affermate dagli altri relatori, a partire dai referendum propositivi e di indirizzo che saranno previsti nella Riforma. Se il problema è rappresentato dall’infiltrazione dei gruppi di interesse, sarebbe la situazione attuale a favorirla, dati i tempi lunghi che aumenterebbero la possibilità di intervento. Inoltre i cittadini avrebbero la possibilità di “decidere chi va al governo, anziché lasciarlo decidere ai partiti” o “ai mercati”. Comunque sia, secondo il professor Curreri l’unico motivo recondito sarebbe “la paura, con argomenti giuridicamente falsi”. Per evitarla, “l’unica cosa di cui non bisogna avere paura è la paura stessa”