A due mesi esatti dal referendum costituzionale del 4 dicembre, il “No” è avanti di quattro punti sul “Sì” se non si tiene di conto di indecisi e astensionisti che, sommati, costituiscono più del 50% dell’elettorato. E’ quanto rilevato dal nuovo sondaggio Ipsos per il Corriere della Sera realizzato tra il 30 settembre e il 1 ottobre. A trainare il “No” alla riforma costituzionale approvata dal Parlamento è soprattutto il Centro-Sud e le Isole mentre nel Centro-Nord e nel Nord-Ovest prevalgono, e di parecchio, i favorevoli. Tra gli elettorati, esattamente speculari le dichiarazioni di voto degli elettori Pd e M5S, mentre i partiti più spaccati sono quelli di centro (59% per il Sì e 41% per il No) e di Forza Italia (60% contrari e 40% favorevoli).
Da luglio ad oggi, i favorevoli alla riforma costituzionale che sarà oggetto del referendum sono calati di circa 2 punti percentuali. Dall’altra parte, da gennaio ad oggi, i “No” sono in costante crescita come fotografano tutti i sondaggi. La percentuale dei contrari è rimasta costante da luglio ad oggi, mentre guadagna circa 9 punti percentuali rispetto a inizio anno. Va detto che ancora oggi più di un elettore su due si dichiara indeciso (8%) o “non voterebbe, non indica” (44%), rendendo ancora più infuocata una campagna referendaria tutta alla ricerca dell’ultimo voto. “Casa per casa” come ha annunciato il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Il premier, preoccupato dai sondaggi che danno il “No” in netta crescita e spesso anche sopra il “Sì”, nell’ultima settimana è sceso in campo in prima persona affrontando in tv due pesi massimi del fronte opposto del calibro di Marco Travaglio e Gustavo Zagrebelsky. Adesso, come ha scritto ieri la Stampa, a fare campagna in tv saranno anche tutti gli altri ministri di peso: a partire da Maria Elena Boschi passando per Carlo Calenda, Pier Carlo Padoan e Angelino Alfano. La parola d’ordine del premier è quella di puntare sul “merito” della riforma anche perché, come rileva Ipsos, solo un italiano su dieci conosce “nel dettaglio” il contenuto delle modifiche alla Carta.
Referendum, Italia spaccata in due
Il dato che più preoccupa Renzi è sicuramente quello del Sud. Se infatti al Nord (escludendo il Nord-Est, storico feudo leghista) il premier può dormire sonni tranquilli, lo stesso non si può dire per il Sud dove prevale lo scetticismo nei confronti della riforma. Nel Centro-Sud, se escludiamo ancora una volta indecisi e astensionisti, il “No” è in vantaggio di ben 16 punti percentuali sul “Sì” (58-42%) e dati simili si riscontrano nel Sud e nelle Isole dove il vantaggio dei contrari alla riforma costituzionale è di circa 15 punti (57-43%). E’ in questo quadro che si inseriscono le ultime uscite del Presidente del Consiglio sul ponte sullo Stretto di Messina che unirà Calabria e Sicilia. “Il governo ha deciso di fare il Ponte – ha detto Matteo Renzi venerdì sera in televisione – perché se non lo facciamo paghiamo penali miliardarie e io non voglio dare soldi alle aziende per non fare i lavori”. Vedremo se la strategia di promettere nuove infrastrutture e opere pubbliche anche al Sud potrà avere un qualche riscontro nei sondaggi delle prossime settimane.
Se si guarda al contenuto della riforma, si rileva come la maggior parte delle modifiche siano sostanzialmente ben viste dall’elettorato, a dimostrazione del fatto che buona parte del referendum si giocherà sulla persona del Presidente del Consiglio. Renzi infatti, ad inizio anno, ha personalizzato la consultazione minacciando sue imminenti dimissioni in caso di sconfitta al referendum per poi fare un passo indietro e ammettere l’errore. Il 62% degli elettori si dice favorevole alla riduzione dei senatori, il 51% alla fine del bicameralismo perfetto e le stesse percentuali si rilevano per quanto riguarda la soppressione del Cnel e l’abbassamento del quorum per i referendum abrogativi. L’elettorato si divide di più sulla nomina dei senatori da parte dei consigli regionali (39% per il Sì e 31% per il No). In generale, la media dei favorevoli ai contenuti della riforma sfiora il 50% (48%) mentre quella dei contrari supera di poco un quarto dell’elettorato (26%). Va detto, però, che un certo errore su questo genere di rilevazioni va sempre preso in considerazione. Chiedere a un cittadino se vuole la fine del bicameralismo perfetto senza specificare come funzionerà il nuovo Senato, difficilmente potrà incontrare molti pareri contrari visto che sull’argomento si trovano d’accordo anche i più acerrimi nemici del premier. Oppure, chiedere all’elettore cosa ne pensa della riduzione del quorum per i referendum abrogativi senza specificare che questo avverrà solo in caso di una più cospicua raccolta delle firme (800 mila anziché 500 mila), difficilmente potrà essere avversato dai cittadini. La stessa cosa si può dire per la cancellazione delle Province e così via. Detto questo, sul merito della riforma sembra proprio che non ci sia partita, con i favorevoli nettamente in vantaggio.
@salvini_giacomo