Chi è Elena Ferrante? Sono in molti a porsi questa domanda fin dalla pubblicazione del suo primo romanzo, L’amore molesto, avvenuta nel 1992. Scrittrice napoletana di grande successo, sia in Italia che all’estero, vincitrice di numerosi premi, decide di rimanere nell’anonimato – spiega in La frantumaglia – sia per assecondare il suo desiderio di auto-conservazione, sia, e soprattutto, per rimanere in linea con la sua idea di libro, visto come “organismo autosufficiente” che non necessita di foto in copertina né di presentazioni promozionali da parte dell’autrice per far breccia sui lettori.
Elena Ferrante: la fine del libro autosufficiente
Domenica scorsa, il Sole 24 ore pubblica i risultati dell’inchiesta del giornalista investigativo Claudio Gatti, condotta al fine di scoprire l’identità della Ferrante. Seguendo la “pista finanziaria” – si legge – sono state individuate le “tracce contabili” che porterebbero ad indicare chi si nasconde dietro allo pseudonimo della scrittrice napoletana. Si tratterebbe, riscontra Gatti, della traduttrice Anita Raja. Tesi confermata – aggiunge il giornalista – anche da “strane” coincidenze tra i nomi utilizzati nei libri della Ferrante e quelli dei familiari della Raja. Per citare un esempio, il grande amore di Elena detta Lenù, protagonista della tetralogia dell’Amica geniale, si chiama Nino, soprannome del marito della Raja, lo scrittore Domenico Starnone. Inoltre Elena, oltre ad essere il nome della protagonista, era anche il nome della tanto amata zia della traduttrice.
Molte le polemiche sorte intorno all’inchiesta di Claudio Gatti, provenienti sia dal mondo della cultura, sia dai lettori, soprattutto a difesa dell’anonimato della Ferrante. “Disgusta vedere una grande autrice italiana, amata e celebrata nel nostro paese e nel mondo, trattata alla stregua di un criminale”, replicano gli editori della Ferrante di E/o, la casa editrice che pubblica i suoi libri in Italia.
Ieri sera, il caos mediatico intorno all’identità dell’autrice napoletana è stato accresciuto vertiginosamente da un tweet pubblicato dall’utente @AnitaRajaStarn. Il profilo twitter, aperto ieri in tarda serata e chiuso questa mattina, oltre a tenere il nome della traduttrice, riporta anche la foto della stessa Anita Raja. All’apertura del profilo è seguita la pubblicazione del tweet più discusso in queste ore: “Lo confermo. Sono Elena Ferrante. Ma questo ritengo non cambi nulla nel rapporto dei lettori con i libri della Ferrante. Non parlerò mai di Elena Ferrante, né risponderò a suo nome, né dirò nulla riguardo ai suoi libri. Vi ringrazio. Vorrei solo chiedere, ora che la curiosità che durava da anni è stata esaudita, di lasciarmi vivere (e scrivere) in pace”.
Subito sotto i riflettori, l’editrice di E/o, Sandra Ossola, smentisce: “E’ evidentemente un falso, Anita in questo momento è in viaggio e non ha aperto alcun account Twitter. Non ha voglia di parlare di questa storia”. Anche Giulio Passerini, già ufficio stampa e ora editor di E/o, conferma questa versione: “È un fake, non ci sono dubbi. Anita non ha mai scritto una cosa del genere”.
Il caso Ferrante/Raja è l’ennesimo esempio di quanto, nel mondo in cui viviamo, sia la presenza a prendere il sopravvento sull’essenza. In questi giorni, il gossip è stato messo davanti all’opera, la capacità della Ferrante/scrittrice ha lasciato spazio all’identità della Ferrante/persona. In questi ultimi giorni, dunque, l’idea tanto amata da Elena Ferrante di libro come “organismo autosufficiente” è stata letteralmente scalfita.
Camilla Ferrandi