Massimo D’Alema è tornato. L’ex Presidente del Consiglio ha colto al volo la ghiotta occasione della campagna referendaria per riprendersi la scena della politica nazionale. Il Lider Maximo, infatti, fino a qualche tempo fa era considerato il primo – e forse unico – esponente del vecchio Partito Democratico ad essere stato “rottamato” da Matteo Renzi. E invece. Oggi, D’Alema è tornato e punta direttamente al bersaglio grosso: far vincere il “No” al referendum di dicembre per dare un colpo mortale all’ex Sindaco di Firenze in vista del congresso del Pd che si terrà il prossimo anno. Non passa giorno che D’Alema non rilasci un’intervista al vetriolo nei confronti del premier e la sua agenda di appuntamenti in giro per l’Italia è fittissima. Ecco 6 cose che probabilmente non sapete sul suo conto.
1. D’Alema e lo “scontro” con la prof. di Religione
Già da piccolo, D’Alema si dichiarò ateo e la religione non gli fu imposta dai suoi genitori. Nella biografia dell’ex Presidente del Consiglio, il giornalista Giovanni Fasanella scrive che già dall’età di 6 anni D’Alema si rifiutò di partecipare alle lezioni di religione iniziando un diverbio con la maestra che, a suo dire, “faceva la solita propaganda democristiana e anticomunista”.
2. L’unico Presidente del Consiglio della Seconda Repubblica non laureato
D’Alema è stato l’unico Presidente del Consiglio della Seconda Repubblica a non aver conseguito una laurea universitaria. Se allarghiamo il periodo di tempo a tutto il secondo dopoguerra, D’Alema e Craxi sono stati gli unici primi ministri nella storia della Repubblica a non essersi laureati. D’Alema fu ammesso nel 1967 alla Facoltà di Filosofia della Scuola Normale di Pisa ma decise di ritirarsi dagli studi poco prima della discussione della tesi di laurea.
3. Il primo leader della sinistra dal ’94
Sotto la sua guida, per la prima volta nella storia repubblicana un partito di sinistra è diventato prima forza politica a livello nazionale alle elezioni politiche. Con la consultazione del 1996, infatti, il Partito Democratico della Sinistra (Pds) di cui D’Alema era segretario, ottenne il 21% dei voti alla Camera (quota proporzionale) distaccando di circa 100 mila voti Forza Italia che, però, ottenne 11 seggi in più a causa della legge elettorale Mattarellum.
4. Il “patto della crostata”
L’espressione è stata coniata dall’ex Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga. Il 18 giugno 1997, nella casa romana di Gianni Letta in via della Camilluccia si incontrarono, oltre al padrone di casa, il Presidente della Bicamerale Massimo D’Alema, il segretario del Partito Popolare Italiano Franco Marini, Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini. Obiettivo: salvare la Bicamerale che avrebbe dovuto scrivere le riforme istituzionali in maniera condivisa. Le riforme da approvare insieme avrebbero riguardato una legge elettorale maggioritaria, il passaggio da un sistema di governo parlamentare ad uno semi-presidenziale e la riforma della giustizia. Cosa successe dopo, è noto a tutti: Berlusconi rovesciò il tavolo un anno dopo e pose fine all’esperienza della Bicamerale. La crostata è riferita al dolce preparato dalla moglie di Gianni Letta e portata ai commensali alla fine della cena.
5. Da Trastevere al Quirinale, quasi
Possiamo dire, senza esagerare, che Massimo D’Alema sia stato vicino due volte al Quirinale. La prima volta, nel 2006, quando il centrosinistra iniziò a tastare il suo nome per l’elezione al Colle: nei primi due scrutini risultò essere il candidato di centrosinistra più votato con 27 e 35 consensi fino a diventare il primo nome in assoluto al terzo scrutinio con 31 voti. Nel frattempo, però, la spaccatura interna all’Unione portò Prodi e i suoi a virare su Giorgio Napolitano che fu eletto al quarto scrutinio. Sette anni dopo, nel 2013, D’Alema viene visto come il fumo negli occhi da Silvio Berlusconi con cui il centrosinistra deve per forza scendere a patti se vuole eleggere il Presidente della Repubblica. Dopo i 12 voti del primo scrutinio, D’Alema sale a 38 nel secondo e nel terzo diventa il candidato più votato dal Parlamento in seduta comune dopo quello dei grillini Stefano Rodotà, con ben 34 voti. Al quarto scrutinio, il Pd vira su Romano Prodi – pugnalato alle spalle dai 101 – e le speranze di vedere D’Alema al Colle diventano nulle.
6. D’Alema e le elezioni comunali
Il ritorno di Massimo D’Alema sulla scena politica nazionale coincide con le difficoltà del governo Renzi nell’ultimo anno, culminato con le elezioni comunali del giugno scorso. Ad aprile l’ex Presidente del Consiglio aveva addirittura dichiarato che non avrebbe votato Roberto Giachetti anche se, alla fine, il giorno del ballottaggio annunciò di aver “votato secondo le indicazioni del partito”. Spesso D’Alema è stato accusato dai suoi detrattori di essere particolarmente snob. Molto divertente – al limite del geniale – la risposta fornita ad una cronista che gli chiedeva un commento sulle comunali di giugno.
@salvini_giacomo