Nelle regioni orientali dell’Ucraina, il clima, è tutt’altro che in via di pacificazione; ancora all’inizio della settimana le truppe del governo di Kiev continuavano i bombardamenti sui maggiori centri in mano ai separatisti nell’Oblast di Donetsk: da Slovyansk a Mariupol i separatisti denunciano in numero consistente di vittime, a Lugansk, l’aeroporto ha dovuto interrompere la propria attività per l’intensa offensiva dell’esercito.
Russia e Ucraina, in particolare dopo l’incontro Putin–Poroschenko in Normandia per la commemorazione del D-Day, stanno dialogando – concordi sul fatto che Kiev non debba entrare nella NATO – per elaborare una road map che dovrebbe portare alla progressiva diminuzione del conflitto, tuttavia, la guerra ingaggiata da Kiev contro le Repubbliche di Donetsk e di Lugansk, sta varcando i confini ucraini.
Il movimento di Euromaidan – connotato da una netta prevalenza delle formazioni di estrema destra, nonostante l’adesione sincera di migliaia di ucraini – ha potuto contare sin dall’inizio su molti volontari provenienti da tutta Europa: è noto ormai che molti esponenti di formazioni nazionaliste e neonaziste di tutto il continente si siano uniti alla battaglia nelle regioni dell’est ucraino, inquadrati nella Guardia Nazionale di Kiev, formata prevalentemente da estremisti di “Settore Destro” e di altre formazioni sostenitrici del “banderismo” (Bandera è stato un collaborazionista del Terzo Reich). Ieri il comandante dei separatisti, Igor Stelkov, ha reso noto che anche delle formazioni anti-fasciste italiane si sono unite alla lotta della Repubblica Popolare di Donetsk.
Poroschenko ha acconsentito alla creazione di un corridoio umanitario per permettere ai civili di allontanarsi dalla zone di guerra, perché, questo si sta verificando in Ucraina, una guerra, sempre meno “civile” e sempre più terreno di scontro “internazionale”.
Nel frattempo i delegati di Ucraina, Russia e Ue continuano a dialogare sulle tariffe si forniture di gas: l’Ucraina vuole ricontrattare il contratto con Mosca che, dal 2009, obbliga Kiev a comprare un determinato volume di gas non considerandone l’effettivo bisogno. Il prezzo fissato da Mosca per l’Ucraina è di 485 dollari al metro cubo, il prezzo più alto d’Europa: quando Yanukovich, nel Novembre scorso, si rifiutò d’aderire all’Ue il prezzo era sceso a circa 289 dollari.
Inizialmente i delegati russi sono stati irremovibili, Kiev deve 1,45 miliardi di dollari per le fatture di novembre e dicembre 2013 e ulteriori 500 milioni per le consegne di aprile e maggio di quest’anno; in seguito è stato proposto uno sconto di 100 dollari ogni 1000 metri cubi. Yatseniuk, premier ucraino, ha dichiarato: “la nostra posizione non cambia: vogliamo sia riscritto il contratto e ottenere il prezzo di mercato”; Gazprom ha nel frattempo concesso all’Ucraina una dilazione temporale di quasi una settimana, spostando a lunedì prossimo la data per l’avvio dei pagamenti.
Putin ha definito il negoziato “costruttivo”: per ora si esclude la chiusura dei rubinetti energetici.
Guglielmo Sano