Referendum: il jolly è l’ Italicum?
Continua la sfida tra partitari ed oppositori alla riforma costituzionale. Partendo dal presupposto che l’esito è fortemente in bilico (come si può evincere dalla maggioranza dei sondaggi), ogni carta da giocare – per fautori e non – può essere quella giusta, per spostare gli equilibri a favore del “si” o del “no”. Ma la partita non si gioca solo sul campo puramente elettorale. Le dinamiche istituzionali e gli accordi di partito potrebbero essere determinanti per far mobilitare una gran parte dell’ elettorato ancora indeciso.
Referendum, la vertente elettorale: Il discorso della campagna del ‘si’ e del ‘no’
La campagna per il “si” del governo Renzi si è dimostrata flessibile, capace di rimettere in discussione l’ esito di un referendum che, fino a pochi mesi fa, sembrava indirizzato verso una bocciatura piena. La scelta di personalizzare il referendum non ha pagato, in quanto le opposizioni hanno fatto scudo e alimentato una “narrativa” del referendum estremamente vantaggiosa per i fautori del “no”. La gran coalizione di centro-destra (da un lato) e il Movimento 5 stelle (dall’altro) hanno approfittato della personalizzazione del referendum per far “saltare il banco”, forti delle promesse fatte a cuor leggero dal premier Renzi (il quale ha affermato in più di una occasione che – in caso di una vittoria del no – avrebbe rassegnato le proprie dimissioni). Certamente, comprendendo che la via della personalizzazione del referendum avrebbe condotto a un pressocchè certo suicidio politico, l’ ex-sindaco di Firenze è riuscito a cambiare, poco alla volta, le carte in tavola. Attraverso una attenta e metodica campagna mediatica di spersonalizzazione, il premier ha spostato la sfida sul campo dei contenuti, pur mantenendo – ovviamente – la componente elettoralistica. Attraverso questo cambio di prospettiva, il “si” è riuscito a recuperare qualche punto sul “no”, forti di due strateghi eccezionali come Jim Messina e David Hunter.
Referendum, la vertente istituzionale: l’ italicum è l’asso nella manica di Renzi
Con il “si” in rimonta sul “no”, si apre un ventaglio di opportunità per Renzi e il PD. Con le solite spaccature all’ interno del Partito Democratico, un ricompattamento – anche se temporaneo – favorirebbe gli indecisi schierati ideologicamente verso la sinistra moderata a votare per il “si”. Il “pomo della discordia”, l’ Italicum, potrebbe tramutarsi nell’ asso della manica di Matteo Renzi. In primo luogo, ricompattare il partito in un momento così delicato per la vita del Paese, rappresenterebbe un atto di forza e capacità politica non indifferente. Gli strascichi della personalizzazione iniziale del referendum potrebbero favorire gli indecisi a votare per la riforma costituzionale, convinti dalla capacità del premier di “serrare le file” e garantire la stabilità governativa. Allo stesso tempo, coloro che si identificano nell’ ala dissidente e minoritaria del PD, potrebbero essere convinti dai propri leader di riferimento. Anche una semplice “moderazione dei toni” potrebbe essere sufficiente per disincentivare il “no” degli schierati a sinistra. Un ragionamento analogo può essere fatto per la destra conservatrice, in questo momento in affanno di voti e con pochissime chance di arrivare al governo nel caso di mantenimento dell’ attuale legge elettorale: l’ italicum, per l’ appunto. Un’intesa di massima su qualche cambio decisivo – come una rivalutazione del premio di maggioranza – riavvicinerebbe i due schieramenti (di centro-sinistra e centro-destra) tagliando fuori, con quasi assoluta certezza, Movimento 5 stelle e Lega Nord.
Dovesse vincere il “no”, a prescindere dalle dichiarazioni di Renzi – che ha stigmatizzato sulle sue eventuali dimissioni – potrebbero portare, in ogni caso, a una forte crisi di governo. In un periodo in cui tutte le maggiori imprese demoscopiche danno per sfavorita la coalizione di centro-destra, questa non avrebbe alcun interesse nel tornare immediatamente alle urne. La prospettiva di essere “stritolata” da una Lega Nord in auge (a destra) e da un Partito Democratico pur sempre vivo (a sinistra) non è per nulla allettante. Per le stesse ragioni, le fuoriuscite minoranze del PD (dal Possibile di Civati a Sinistra Italiana di Fassina) potrebbero rischiare di perdere il loro attuale peso politico per via del gran premio di maggioranza, che garantirebbe a Renzi di governare con molta più libertà dai vincoli della “sinistra più a sinistra del PD”. Ciò che ne risulta è, possibilmente, uno stallo a tre, ovvero il “mexican standoff” – di quelli tanto cari a Leone e Tarantino – in cui nessuno (tra PD, minoranza di sinistra e coalizione di destra moderata) può portare a casa il massimo risultato, senza dover cedere qualcosa a cambio. Renzi sembra aver trovato la quadratura del cerchio ed è pronto a sfoderare il suo asso nella manica. L’ Italicum è di nuovo sul tavolo, a scapito della “governabilità e stabilità” che tanto ha decantato. Governabilità e stabilità hanno ovviamente un prezzo, che è… dire si.