Referendum Costituzionale: ecco chi potrebbe sostituire Renzi in caso di vittoria del No
Premettiamolo onde evitare pleonastici furori di popolo. Si tratta soltanto di ipotesi, sentori, vaghi ammiccamenti, dunque non vi è niente di certo. Ciò nonostante, dopo le recenti frizioni consumatesi all’interno del Pd, con il presidente del Consiglio Matteo Renzi più battagliero che mai ieri in diretta sulle reti Rai all’interno di una intervista che ha costituito le premesse di merito al confronto che si terrà oggi presso la direzione ufficiale, i dubbi sul futuro del premier, alla luce dei risultati del prossimo referendum costituzionale del 4 dicembre, sono tutt’altro che sopiti. “Ho fatto un errore personalizzandolo troppo” dichiarava il segretario ai sostenitori del Partito in piena estate: “Questa non è la riforma di una persona, questa è la riforma di cui l’Italia ha bisogno”.
L’utilizzo baldanzoso di una campagna distorta alle fondamenta della sua narrativa ha però prodotto i suoi effetti, ed è innegabile che alle sorti costituzionali di una intera nazione si leghino ormai anche quelle politiche di Palazzo Chigi. La Stampa riporta delle indiscrezioni le quali tratteggiano alcuni scenari possibili in caso di vittoria del No e di conseguenti dimissioni da parte del capo del Governo. La candidatura buona per la successione, che in queste ore va acquisendo sempre maggior credito, è quella del ministro della Cultura Dario Franceschini.
Referendum Costituzionale: la “soluzione Franceschini”
Stando alla ricostruzione del quotidiano torinese, il ministro Franceschini sarebbe quello che meglio potrebbe traghettare il governo verso la fine della legislatura e il Parlamento verso una veloce approvazione di una nuova legge elettorale, consentendo contemporaneamente una unità di intenti intrinseca per le diverse scuole di pensiero che popolano le forze politiche della maggioranza.
L’ex segretario gode oggi di una sicura notorietà all’interno di Areadem, sua corrente di appartenenza cui fanno riferimento i capigruppo Zanda e Rosato, ma anche nel fronte dei giovani Turchi e nella sinistra ortodossa di Fassino. Cosa ancora più importante, visti i futuribili scenari post-referendum, non è inviso nemmeno alle compagini di Forza Italia. Insomma l’uomo giusto, al momento giusto: l’uomo della minoranza interna che gestirebbe tutta la maggioranza.
Al di là del calembour, gli equilibri precari del Partito Democratico permangono. Qualche giorno fa Renzi, in una dichiarazione pubblica, si rivolgeva a Franceschini con ironia pungente riferita alla brutta fine fatta dal ferrarese Savonarola in quel di Firenze (il ministro è originario proprio di Ferrara): “Caro Dario, l’ultimo ferrarese che è passato di qui ha fatto una brutta fine, una finuccia…”.
La partita è ancora tutta da giocare e il titolare dei Beni culturali sembra esserne consapevole. Interpellato da Maria Latella su Sky Tg24 ha definito quale “ingestibile” l’orizzonte derivante da una eventuale vittoria del No e criticato aspramente Pier Luigi Bersani alla luce del suo parere contrario nei confronti della riforma: “Così si lacera il partito, è una scelta motivata da altro: andare contro Renzi”.
Il dopo-Renzi: Padoan o Calenda?
Altri due nomi si fanno largo nei meandri del Nazareno quali successori in potenza di Matteo Renzi dal 5 dicembre. Il primo sarebbe quello del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, ben visto dagli ambienti legati al Quirinale sia per l’elevata esperienza in ambito internazionale ed europeo, sia per il morigerato e metodico piano di risanamento dei conti pubblici in accordo con le politiche legate alla crescita.
Il secondo potrebbe essere quello di Carlo Calenda, ministro dello Sviluppo economico, in virtù di una più convinta quanto decisa programmazione economica espansiva e digitale basata sul nuovo paradigma dell’industria 4.0.
Riccardo Piazza