PD: minoranza all’attacco dopo aperture su Italicum
In vista del referendum, non si placano le tensioni nel PD. Accuse reciproche, in una campagna elettorale parallela su blocchi contrapposti, continuano a farla da padrone anche dopo le aperture sull’Italicum.
Bersani categorico: “Il PD di Renzi è finito”
“Non pensino di dire a me cose tipo stai sereno”, dice Pier Luigi Bersani sulla commissione interna istituita per modificare la legge elettorale.
Dall’intervista rilasciata a Repubblica, si evince che Bersani non ha dubbi: il Pd di Renzi è finito. L’ex leader chiede di tornare a discutere sulle regole nel partito superando le primarie di coalizione. “Prima del congresso ci vuole un appuntamento nazionale per cambiare lo Statuto” ha affermato, chiedendo che il nuovo segretario sia eletto dagli iscritti.
Categorico è anche il giudizio sul referendum: “Aver chiamato a giudizio di Dio su questa riforma, davanti al mondo, è un errore di Renzi che non posso perdonare”. “Renzi non è l’intruso”, ha detto l’ex ministro, che ha affermato di preferire Grillo a Verdini. Se, poi, non sarà in prima linea per il “No”, Bersani ha indicato la sua compagnia in campagna elettorale: l’Anci, la Cgil e l’Arci.
Cuperlo: “Modifica Italicum non è contentino per le minoranze”
Più conciliante è, invece, Gianni Cuperlo. In un’intervista al Corriere, anche l’ex sfidante di Renzi dichiara la volontà di un cambio di passo. “Nelle ultime elezioni”, dice l’ex leader della Sinistra Giovanile, “abbiamo perso consenso a sinistra senza guadagnarne altrove”. Conclude affermando che, per lui, “e è inaccettabile andare alle urne, quando sarà il momento, con la maggioranza attuale”.
Cuperlo parla anche dell’Italicum c’è necessità di un cambiamento: “è indispensabile non ridurre la rappresentanza e gli spazi di partecipazione” dice ai microfoni di via Solferino. Così, prendere parte alla commissione per la modifica della legge elettorale non è il “contentino delle minoranze”, ma l’occasione per rispondere alla “fortissima crisi politica e democratica con le urne sempre più deserte per mancanza di fiducia”.
Sulle modifiche all’Italicum lo spettro di un Nazareno-bis
Se, da un lato, le modifiche all’Italicum sembrano il modo per sanare le fratture nel Pd, c’è chi ci vede dell’altro. Secondo il Corriere, infatti, i cambiamenti alla legge elettorale celano un Nazareno-bis. La riprova, per via Solferino, è l’intervento di Dario Franceschini in Direzione nazionale. Il ministro si è detto favorevole ad attribuire il premio di maggioranza alla coalizione anziché alla lista, sostenendo che “è un bene che ci sia spazio per una parte moderata della destra”.
Secondo il Corsera, però, anche la minoranza Pd andrebbe nella stessa direzione. Secondo via Solferino, infatti, D’Alema avrebbe telefonato a Stefano Parisi. “Mi dava del lei… Mi ha chiesto di dirti di non andare dietro le fregnacce di Renzi. Che devi mobilitare i tuoi elettori, perché vadano tutti a votare No al referendum”, riporta il quotidiano di Fontana, facendo riferimento ad una conversazione tra Berlusconi e l’ex manager.
Forza Italia al bivio
Sempre secondo il Corriere, su Riforma costituzionale a Italicum anche in Forza Italia i fronti sono due. Da un lato, ci sono gli intransigenti del no alle Riforme “alla Renato Brunetta“. Oppure alla Gaetano Quagliariello, che invita il centrodestra a sedersi al tavolo di Renzi sulla legge elettorale dopo il referendum. Dall’altro, chi esorta Berlusconi a riflettere sul da farsi. Uno di questi, secondo via Solferino, è Gianni Letta, il quale non vede di cattivo occhio un’intesa preventiva.
Il rischio, secondo l’ex sottosegretario, sarebbe quello di non aver voce in capitolo sulla legge elettorale in entrambi i casi. Se vincesse il Sì, sarebbe difficile cercare l’intesa con Renzi, mentre se prevalesse il “No” Salvini potrebbe intestarsene la vittoria. Con un rischio: la Lega favorevole al premio di maggioranza alle liste e non alle coalizioni, come vorrebbe Fi.
Attualmente, però, la linea di opposizione alla riforma costituzionale non sembra essere in discussione più di tanto. Ieri, Berlusconi ha affermato che la vittoria del Sì porterebbe al “rischio di dar vita a una dittatura di sinistra“.