5 cose che non sai sulla giungla di Calais
Circa 1.200 uomini delle forze dell’ordine francesi in mattinata hanno dato il via allo sgombero della “giungla” di Calais; il campo è noto alle cronache soprattutto per le condizioni squallide in cui vivono le circa 7.000 persone che vi risiedono. Stando a quanto riferito dai media internazionali, la prima fase delle operazioni si è svolta pacificamente. Mobilitati circa 170 pullman: trasferiranno i migranti in 167 centri d’accoglienza sparsi sul territorio francese. Domani inizierà la demolizione delle fatiscenti strutture della “giungla”, ci vorranno 3 giorni per raderla al suolo secondo la polizia francese.
5 cose che non sai sulla giungla di Calais
1) L’origine del nome
Secondo quanto ricostruito dalla ONG Calais Migrant Solidarity il soprannome dato al campo, “giungla” appunto, trarrebbe origine dalla parola dzhangal che in Pashtu, lingua diffusa in Asia centrale, significa “foresta”. I migranti provenienti da Afghanistan e Pakistan hanno cominciato a riferirsi al campo usando questo appellativo a metà anni 2000.
2) Tutto cominciò a Sangatte
Migliaia di persone si affollano in prossimità di Calais, aspettando un’occasione per fare ingresso nel Regno Unito, sin dal 1999. Il primo tentativo di concentrare migranti e rifugiati che spesso dormivano nella strade della città portuale francese fu portato avanti dalla Croce Rossa che fornì un magazzino in località Sangatte, a soli 800 metri dal tunnel della Manica. La struttura contava 600 posti, già nel 2002 il numero di occupanti era arrivato a 2mila. Le nascenti tensioni tra gruppi etnici e i continui sfondamenti in massa determinarono la scelta di chiudere il centro. Tra gli episodi più eclatanti: la notte di Natale del 2001 circa 500 persone presero d’assalto l’Eurotunnel, nel maggio del 2002, una partita di calcio tra curdi e afghani finì in rissa causando un morto. Tra novembre e dicembre dello stesso anno, l’allora ministro degli Interni francese Nicolas Sarkozy fece sgomberare il centro dopo che Londra accettò di concedere un permesso di lavoro temporaneo a 1250 persone (curdi e afghani) mentre la restante parte degli abitanti di Sangatte (300-400 persone) sarebbe stata accolta in Francia.
3) Quante persone vivono nella “giungla”?
Non esistono dati ufficiali sulla popolazione della “giungla” e la questione è continuamente oggetto di dispute. L’unica cosa certa è che il numero di migranti a Calais è aumentato considerevolmente con l’inasprimento della crisi migratoria dell’anno scorso. Nel settembre 2014, il Guardian parlava di 1400 abitanti, nel luglio 2015, il Telegraph portava la stima a 3mila, per l’Economist erano 6mila gli occupanti nel novembre dello stesso anno. D’altra parte, lo scorso febbraio dalla Bbc si notava come per le autorità di Calais ci fossero 3.700 persone nel campo quando Help Refugees riferiva un numero di gran lunga maggiore, 5.500 circa. Secondo un censimento della stessa ONG, il “picco demografico” si è raggiunto nel luglio 2016 quando nel campo avrebbero abitato 7.307 migranti. Altre fonti riferiscono come nei giorni del referendum sulla Brexit la popolazione della “giungla” fosse arrivata quasi a quota 10mila. Secondo l’infografica di Francetvinfo.fr aggiornata ad oggi 6.901 persone risiedevano nella “giungla” all’inizio dello sgombero.
4) Chi sono gli abitanti della “giungla”?
Si stima che il 62% degli abitanti della “giungla” abbia meno di 33 anni. Inizialmente, il gruppo maggioritario era composto da curdi iracheni, con il passare degli anni sono aumentate sensibilmente le persone provenienti dal Corno d’Africa e dal Sudan, in particolare. La maggior parte dei migranti di Calais non parla francese e vorrebbe solo fare ingresso nel Regno Unito, tuttavia, sono in aumento le domande di asilo presentate al governo francese.
5) La violenza e la discriminazione
Dal 2013 in poi, i migranti di Calais sono stati spesso vittime degli attacchi armati e incendiari condotti da organizzazioni di estrema destra come Sauvons Calais. D’altra parte, le aggressioni come i casi di razzismo sono all’ordine del giorno in tutta la zona: molti esercenti non permettono ai migranti di usufruire dei propri servizi (e allontanano tutta la gente di colore presupponendo venga dalla “giungla”) inoltre, l’ospedale locale in molti casi ha rifiutato di far abortire le donne del campo.