Sembra ormai un copione già scritto. A poche ore di distanza dal vertice di giovedì 27 ottobre tra Unione Europea e Canada, il trattato economico e commerciale Ceta (Comprehensive Economic and Trade Agreement) non sarà ratificato. Nei consessi comunitari del Vecchio continente manca, infatti, l’unanimità necessaria per la sigla di tale tipologia d’intesa. Il Parlamento della Vallonia, circoscrizione regionale del Belgio, ha opposto un ferreo diniego temendo ricadute negative sul commercio delle proprie imprese e sull’occupazione.
Ceta: di cosa si tratta
L’accordo Ceta, i cui negoziati portati avanti dal Consiglio europeo in rappresentanza degli Stati membri si sono ufficialmente conclusi nel 2014, esprime l’intesa commerciale ed economica globale tra l’Ue ed il Canada. Scopo principale del trattato è l’eliminazione del 99 per cento dei dazi doganali e delle tariffe di transizione per le esportazioni. Inoltre il testo prevede una apertura totale del mercato degli appalti pubblici e di quello dei servizi, postulando parallelamente un maggiore controllo intorno alla contraffazione potenziale delle merci di qualità.
Secondo la Commissione europea il Ceta “offrirà alle imprese continentali nuove e migliori opportunità commerciali in Canada e sosterrà la creazione di posti di lavoro in Europa”. I tecnici degli Affari economici di Bruxelles hanno stimato dei vantaggi quantificabili: dall’abbattimento dei balzelli gli esportatori risparmieranno 500 milioni di euro l’anno. I professionisti e gli investitori potranno più facilmente creare fondi tutelati, a sostegno dell’impresa, nei territori canadesi. Ultima, ma non ultima in ordine di importanza, la tutela delle merci: i prodotti europei peculiari e di qualità, dagli alimentari ai manufatti di pregio artistico, godranno, si legge nella bozza del trattato, di una “supervisione supplementare”. In tal modo si eviteranno le fastidiose, quanto distruttive per il mercato dei prezzi nostrano, falsificazioni dei prodotti (leggasi ad esempio le imitazioni canadesi di bassa lega del prosciutto di Parma).
Ceta: il rifiuto della Vallonia
C’è qualcosa di buffo e contemporaneamente di desolante nel constatare quanto ed in che misura una circoscrizione regionale possa tenere in scacco l’intera volontà di una rappresentanza continentale espressa prima da un Parlamento e poi da un Consiglio di Stati membri. L’Unione europea odierna è purtroppo l’emblema di una democrazia tentennante, claudicante, lontana dall’espressione di un vero spirito comunitario federale decidente. La Vallonia è una delle tre regioni geografiche ed etnografiche di cui è costituito il Belgio. Tali territori, a maggioranza francofona ed economicamente più poveri della loro controparte di tradizione fiamminga, sono governati da un Parlamento autonomo di 75 membri. Ebbene lo scorso 10 ottobre tale consesso si è espresso contro la ratifica del Ceta con 44 voti favorevoli e 22 contrari.
L’emiciclo territoriale autonomo possiede competenza legislativa specifica sui trattati internazionali, dunque ha il potere di bloccare la sottoscrizione dell’accordo commerciale da parte del Parlamento belga nazionale. In mancanza di Bruxelles, al termine di questa triste catena di sant’Antonio, l’Unione non potrà raggiungere l’unanimità dei suoi membri e, di conseguenza, l’intesa con il Canada. Le principali preoccupazioni della Vallonia riguardano le eventuali svalutazioni reddituali della manodopera indigena e le tutele sanitarie a protezione dei consumatori e dell’ambiente. Altro grande ostacolo sono le norme sulle controversie e sugli arbitrati. Stando ai capitolati del Ceta, simili legislazioni introdurrebbero dei tribunali di esclusiva giurisdizione internazionale che, secondo i rappresentanti locali, metterebbero in discussione le prerogative del diritto dei singoli Paesi.
Molti osservatori hanno accostato il dibattito sviluppatosi intorno al Ceta, alle dinamiche che hanno portato le sinistre europee ed alcune forze extraparlamentari ad una critica del TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership). Tali trattati, ha però precisato la Commissione europea, “sono due negoziati distinti con due partner diversi. Negoziamo ciascun accordo separatamente e con condizioni differenti”.
Riccardo Piazza