Hanno conquistato Mosul, dilagando nel nord dell’Iraq. Ora puntano al bersaglio grosso: Baghdad, distante ormai poco più di un centinaio di chilometri. Prosegue l’avanzata dei miliziani jihadisti dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante, noti anche con l’acronimo Isis.
I ribelli hanno esortato i loro sostenitori a marciare verso la capitale. “Continuate ad avanzare, la battaglia a breve arriverà a Baghdad e Karbala. Indossate le vostre cinture e siate pronti” ha detto il portavoce dell’Isis, Abu Mohammed al-Adnani, come riportato dall’agenzia di monitoraggio americana sui siti islamici.
L’offensiva lanciata a inizio settimana, con la presa di Mosul, ha già assicurato ai guerriglieri il controllo delle province settentrionali dell’Iraq, ricchissime di petrolio. L’esercito regolare iracheno, mal addestrato e mal guidato, non riesce ad arginare l’avanzata.
Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha condannato “con la massima fermezza” le violenze jihadiste. Gli Usa sono pronti a intervenire in aiuto dell’Iraq: Washington si impegna a “lavorare con il governo iracheno e le autorità nel paese per dare una risposta unita all’aggressione dell’Isis”, ha dichiarato la portavoce del dipartimento di Stato, Jennifer Psaki. Gli Usa starebbero valutando l’ipotesi di utilizzare dei droni, come chiesto dal premier al-Maliki. Ma secondo il New York Times, Obama sarebbe riluttante a riaprire il capitolo militare iracheno, chiuso con il ritiro delle truppe nel 2011.
Baghdad ha anche chiesto agli Usa di velocizzare l’invio degli aiuti militari promessi, soprattutto F-16, elicotteri Apache e apparecchiature di sorveglianza, tutte attrezzature già acquistate ma non ancora consegnate. Per il governo iracheno la minaccia è serissima e non c’è tempo: “Speriamo che gli Stati Uniti comprendano questo senso di urgenza” ha dichiarato ieri l’ambasciatore iracheno negli Stati Uniti, Lukman Faily. La velocità con cui è caduta Mosul e la facilità con cui lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante sta dilagando nel nord fanno temere che il governo di Baghdad non sia in grado di tenere il paese. L’aviazione bombarda con i caccia le zone controllate dai ribelli, ma non sembra in grado di arrestarne l’avanzata.
I sunniti dell’Isis hanno il controllo di alcune province siriane e ormai di tutto il nord dell’Iraq: lungo il confine passano armi, guerriglieri, attrezzature. Hanno appoggi in entrambi i paesi e si stanno imponendo come il gruppo più pericoloso di tutta l’area, a prevalenza sunnita. Ma quanto potranno spingersi oltre è tutto da vedere. I guerriglieri devono fare i conti con “carenze significative”, come detto da un funzionario dell’antiterrorismo americano citato dalla CNN: “Sono generalmente impopolari e non hanno molta influenza al di fuori della comunità sunnita in Iraq o in Siria”.
Ma potrebbe esserci altro. Secondo Fawaz Gerges, docente presso la London School of Economics and Political Science, “centinaia, se non migliaia, di ufficiali dell’ex esercito di Saddam Hussei potrebbero essersi uniti all’Isis. Se fosse vero, i guerriglieri sarebbero più organizzati e strategicamente preparati dell’esercito regolare”.