Brexit, Alta Corte: il Parlamento deve votare
Ora il “Brexit means Brexit” della premier Theresa May inizia a schricchiolare. L’Alta Corte di giustizia di Inghilterra e Galles, infatti, ha stabilito con una sentenza storica che il governo britannico non potrà attivare l’articolo 50 del Trattato di Lisbona senza prima passare da un voto parlamentare. Il governo ha annunciato che farà appello contro la decisione della Corte e si è detto “deluso” perché la maggioranza dei britannici ha votato a giugno per lasciare l’Unione Europea “in un referendum approvato da una legge del Parlamento”. Adesso gli scenari sono molteplici, anche perché i “remainers” in Parlamento sono la maggioranza. Dopo l’annuncio della Corte e quello della Bank of England di non tagliare nuovamente i tassi d’interesse quest’anno, la sterlina ha avuto un forte slancio raggiungendo quota 1,2473 £ per dollaro, il punto più alto dal 14 luglio scorso.
Brexit, la sentenza che può rimettere tutto in discussione
L’Alta Corte britannica era chiamata a decidere sul ricorso presentato da un gruppo di attivisti pro-Ue sulla legittimità del governo di appellarsi all’articolo 50 del Trattato di Lisbona secondo cui “qualunque Stato membro può decidere di lasciare l’Unione in accordo con i suoi principi costituzionali”. Il governo di Londra si era difeso davanti alla Corte invocando le cosiddette “Royal prerogative” che permettono all’esecutivo di portare a termine affari con gli Stati esteri e di firmare trattati internazionali per conto del sovrano (anche se la ratifica spetta comunque al Parlamento). Ma la Corte Suprema britannica ha stabilito che l’uscita del paese dall’Unione Europea cambierebbe anche le leggi interne all’ordinamento e quindi il governo non ha alcun potere per farlo utilizzando le prerogative della Corona. Il caso in questione è stato esaminato da tre giudici e, nella lettura della sentenza, il giudice Lord Thomas of Cwmgiedd ha dichiarato: “Il principio fondamentale della costituzione del Regno Unito è che il Parlamento è sovrano”. Il caso ha visto contrapporsi un gruppo di privati cittadini (sostenuti da diversi studi legali molto prestigiosi nel firmamento giuridico inglese) e il governo britannico nella persona del Ministro David Davis, nominato da Theresa May per avviare e portare a termine il processo di uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea. L’imprenditrice Gina Miller, alla guida del gruppo dei ricorrenti, ha esultato perché la decisione della Corte “riguarda tutti noi” e ha invitato il governo a non fare appello. La decisione di secondo grado è prevista per il prossimo 7 dicembre.
(Le conclusioni dell’Alta Corte di Inghilterra e Galles)
Brexit, e adesso che succede?
A inizio ottobre il primo ministro May aveva annunciato al congresso del Partito Conservatore di Birmingham che la procedura per l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea avrebbe preso il via entro marzo 2017. Ma la decisione della Corte potrebbe dilatare, e non di poco, questi tempi. Secondo Norman Smith della Bbc, se la decisione della Corte non venisse ribaltata in secondo grado, i tempi della Brexit potrebbero allungarsi di “mesi e mesi” per i molti ostacoli parlamentari. Inoltre, pallottoliere alla mano, i parlamentari che avevano sostenuto il “Remain” durante la campagna referendaria oggi sono la maggioranza nella House of Commons e quindi, sulla carta, potrebbero anche decidere di andare contro i 17 milioni di britannici che a giugno hanno votato “Leave” e bloccare l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione. “E’ molto improbabile che questo avvenga – spiega a Termometro Politico Alberto Nardelli, responsabile europeo di BuzzFeed Uk –. Le possibilità che i parlamentari vadano contro il volere degli elettori sono quasi nulle mentre è più probabile che questi usino il voto per influenzare la posizione del governo nelle negoziazioni. Ma è più una questione di processo, la realtà dei fatti cambia poco”. Dopo la decisione della Corte Suprema britannica, inoltre, sono aumentate le possibilità di andare ad elezioni anticipate, con Theresa May alla ricerca di un mandato forte per negoziare con Bruxelles. “Le possibilità di un’elezione anticipata sono più alte oggi rispetto a ieri – continua Nardelli – e il motivo è semplice: la May ha una stretta maggioranza (meno di 20 seggi) ed è molto avanti nei sondaggi”.
Pound nears $1.25 with biggest jump since July after #Article50 ruling and inflation talk https://t.co/2bYojd03mM pic.twitter.com/wb7NgLY0Bx
— Bloomberg UK (@BloombergUK) November 3, 2016
Farage (Ukip): faranno di tutto per bloccare la Brexit
La sentenza di oggi ha scatenato le polemiche tra gli esponenti politici di entrambi gli schieramenti. L’ex leader dell’Ukip e del fronte del “Leave”, Nigel Farage, su twitter ha espresso tutta la sua preoccupazione per i “tentativi di bloccare o ritardare” l’invocazione dell’articolo 50. “Non hanno idea del livello di rabbia popolare che provocheranno” ha concluso Farage. Dall’altra parte, il segretario del Partito Laburista Jeremy Corbyn ha invitato il governo a portare i termini del negoziato in Parlamento “senza ritardi” in nome dei principi di “trasparenza e accountability” di fronte al legislativo. Anche il primo ministro scozzese, Nicola Sturgeon, ha chiesto un processo in Parlamento ed esortato il governo a ritirare l’appello. Infine, intervistato da Sky News, il Ministro per la Brexit David Davis ha motivato così la decisione del governo di insistere sul piano giuridico: la sovranità è del popolo che ha votato per la Brexit e “quello del 23 giugno scorso è stato il più grande mandato nella storia britannica”.
I now fear every attempt will be made to block or delay triggering Article 50. They have no idea level of public anger they will provoke.
— Nigel Farage (@Nigel_Farage) November 3, 2016
Giacomo Salvini