Lo scontro in casa Lega Nord sembra essere sempre più evidente. La contesa vede protagonisti il leader, Matteo Salvini, e il fondatore ed ex segretario federale, Umberto Bossi. In un crescente di screzi diretti o meno fra i due, si è arrivati alle parole forti, firmate Senatur: “Salvini non è pronto a fare il premier”.
Lega Nord, la cronologia dello scontro
Andiamo per ordine, partendo dalla fine. Quasi. Ad un incontro pubblico con Roberto Maroni (governatore della Lombardia), Umberto Bossi e Matteo Salvini, quest’ultimo alla fine dà forfait. Tutto nella regola, rischi per un leader di partito. Non fosse tanto per il fatto che la Festa della Zucca sia l’incontro di spicco della Lega Nord Emilia-Romagna, un meeting fra i leader del Carroccio ormai consolidato da anni, né per le ragioni dell’assenza: ‘motivi familiari’, si vociferava inizialmente. ‘Non era in agenda’, la successiva correzione. Insomma, Salvini ha disertato. Cosa c’è ancora più sotto, c’è una rottura in seno al Carroccio?
Da quel che ne evince, sembra molto di più. Tutto è partito da un’iniziativa, datata estate 2016, del segretario federale: un cambiamento organizzativo. Nei partiti strutturati sono sempre le attività più difficili quelle di cambiare l’organizzazione interna. Qui, l’idea di Salvini era di strutturare su livello nazionale il Carroccio e, addirittura, cambiare nome al movimento. Via il ‘Nord’, resterà la Lega. E tanti saluti ad una storia trentacinquennale di movimenti, leghe e iniziative che avevano come obiettivo (almeno inizialmente) l’indipendenza della Padania. Un indirizzo politico complicatissimo da perseguire, parola del presidente a vita Umberto Bossi: “Cambiare? Ahahaha, figuriamoci. La Lega non è un partito, ma un insieme di valori, l’indipendentismo è il primo. Non mi piegherò mai”.
Salvini sembrava convinto della bontà della sua iniziativa ma, seppur i bossiani non siano forti oggi come nel recente passato, le resistenze all’interno del Carroccio sono diventate molto aspre dalle zone conservatrici. Già il leader ha spostato l’asse del partito verso una destra ‘nazionale’ lontana dai valori scissionisti tipici della Lega Nord dura e pura (con un particolare occhio di riguardo al sud Italia, precedentemente molto bistrattato dalle politiche leghiste). E, sulla scorta di questo spostamento, ha ‘stuzzicato’ i parlamentari riparlando della leva obbligatoria, dimenticando che una consistente parte dei parlamentari del Carroccio sono ‘obbiettori di coscienza’, ovvero persone che diserterebbero un servizio militare prestato per l’Italia, in quanto la vera patria sarebbe la Padania. Il ‘sull’attenti’ è arrivato anche da Maroni: “altolà a perdere la nostra identità”, ha chiosato l’ex segretario federale.
Ma le affermazioni più nette e dure sono arrivate dal Senatur: “Matteo (Salvini, ndr) è inesperto e un po’ stupido”, fino ad arrivare ad uno stop, anche se resta un’opinione e non un veto, nei confronti del segretario sulla leadership del Paese: “Salvini vuole guidare il centrodestra, si sente tagliato per fare il premier, ma io penso che non sia ancora pronto. Noi non dobbiamo fare questioni di ambizioni personali ma portare avanti i nostri valori fondanti che sono il federalismo e la libertà”. Tutto si deciderà comunque a cavallo dell’anno: a dicembre scadranno i tre anni di mandato di Salvini nel suo ruolo nel partito e si dovrà indire un nuovo congresso. Solo allora si capirà se i venti rinnovatori avranno la meglio sulle tradizioni leghiste. E solo allora capiremo se potremo continuare a chiamarla ‘Lega Nord per l’Indipendenza della Padania’ oppure sarà ‘Lega’ e stop.
Daniele Errera