La campagne elettorale del 2016 negli Stati Uniti non ha modificato più di tanto il supporto storico dell’elettorato americano nei confronti di democratici o repubblicani. Insomma, non si assisterà a grandi spostamenti di voti da un partito all’altro. E’ questa la conclusione di un’analisi realizzata nelle scorse settimane da You Gov, secondo cui quasi tutti coloro che nel 2012 avevano votato per il repubblicano Mitt Romney oggi voteranno per Donald Trump e quasi tutti coloro che quattro anni fa avevano sostenuto Barack Obama oggi sosterranno Hillary Clinton. L’85% degli elettori odierni hanno già votato nel 2012 e l’incognita più grande riguarda quel 15% di nuovi votanti che si divideranno tra sostenitori dei due candidati, immigrati che nel frattempo hanno acquisito il diritto di voto e i nuovi maggiorenni che rappresentano il vero punto interrogativo di queste elezioni per Hillary Clinton.
Secondo le intenzioni di voto degli americani raccolte dall’istituto demoscopico, l’88% dei sostenitori di Obama e Romney oggi voterebbero rispettivamente per Clinton e Trump. Solo il 12% degli elettori democratici nel 2012, quest’anno si sposteranno su Trump (7%) o sui candidati alternativi Gary Johnson (2%) o Jill Stein (2%). Più bassa è la quota di elettori repubblicani che quest’anno dovrebbe votare per Clinton (4%) mentre il candidato libertario strappa il 4% dei voti che furono di Romney al magnate immobiliare. “La prossima volta che qualcuno vi parlerà di uno stravolgimento del supporto tradizionale per democratici e repubblicani durante questa elezione si ricordi di questi dati” scrive You Gov.
Elezioni Usa, la spaccatura nel Gop
Questo aspetto della campagna elettorale forse più folle degli ultimi decenni può apparire scontato, ma non lo è. Per due motivi. Il primo, e più evidente, è che l’ampia vittoria di Barack Obama nel 2012 (almeno in termini di grandi elettori, 332 a 206) potrebbe portare con sé una scia positiva nei confronti di Hillary Clinton, soprattutto se si pensa all’aumento esponenziale negli ultimi 4 anni delle minoranze etniche (ispanici e afroamericani) che potranno votare il prossimo 8 novembre. Secondo: Donald Trump è probabilmente il candidato nella storia Usa più inviso al proprio partito. Dopo l’uscita dell’audio/video in cui il candidato del Gop ammette di aver molestato una donna nel 2005, il partito lo ha definitivamente mollato e si sta concentrando tutto sulla Camera e sul Senato dove l’elezione rimane quanto mai aperta. Basti pensare che nessun ex candidato alla Casa Bianca lo appoggia e anzi qualcuno di essi, come George H.W. Bush, voterà per Clinton. Da questo dato appare quindi evidente la spaccatura odierna tra la base e l’establishment del Partito Repubblicano, incarnata perfettamente proprio da Trump.
Lo spostamento dei voti dovrebbe rimanere basso in valore assoluto ma è comunque più alto rispetto alle previsioni fatte da You Gov prima delle elezioni del 2012. In quell’occasione, alla fine, sia Obama che Romney ottennero più del 90% dei voti già acquisiti nel 2008. Quattro anni fa il 91% dei democratici votò per riconfermare il Presidente mentre il 93% degli elettori di John Mc Cain cercò di eleggere Romney. Ma senza successo.
Oggi, i fattori che più influenzeranno lo spostamento di voti da un candidato all’altro sono l’educazione (i più istruiti voteranno per Clinton e viceversa), l’etnia (Trump ha la maggioranza tra i bianchi, Clinton tra le minoranze) mentre il genere, secondo You Gov, sposterà meno voti di quanto si possa pensare nonostante la storica nomination di una donna alla Casa Bianca.
@salvini_giacomo