La modifica della legge elettorale Italicum adesso è realtà. La commissione del Partito Democratico formata dal vicesegretario Lorenzo Guerini, i capigruppo Ettore Rosato e Luigi Zanda, il Presidente del partito Matteo Orfini e il leader della minoranza Gianni Cuperlo, ha partorito ieri un documento per rivedere la legge elettorale su due aspetti fondamentali: la “preferenza per i collegi” e un premio “di governabilità” alla lista o alla coalizione superando il meccanismo del ballottaggio. Oltre a questi due punti legati alla legge elettorale, la commissione ha trovato un accordo anche sulle nuove modalità di elezione dei futuri senatori, confermando l’apertura di Matteo Renzi alla proposta Chiti-Fornario (elezione diretta). Adesso, si legge nel documento pubblicato dall’Ansa, l’accordo passerà in Direzione e nei gruppi parlamentari per “tradurne l’impianto nei testi di legge”.
Italicum, tutto rimandato al post-referendum
Su una cosa, però, si può star sicuri. Difficilmente qualunque passaggio politico ufficiale sarà portato avanti prima del referendum anche per “l’indisponibilità” delle altre forze politiche a una “verifica parlamentare prima del 4 dicembre”. Infatti, i lavori parlamentari sulla nuova legge elettorale saranno fortemente influenzati da due variabili di non poco conto: il risultato referendario (se dovesse vincere il “Sì” difficilmente si arriverà ad una modifica della legge elettorale, mentre sarebbe molto vicina la frattura definitiva con la minoranza Pd) e il giudizio della Consulta rimandato probabilmente a inizio anno. Una decisione negativa dei giudici costituzionali sull’Italicum potrebbe accelerare il processo di modifica della legge elettorale, magari con maggioranze più ampie rispetto a quelle che attualmente tengono in vita il governo Renzi. Silvio Berlusconi, infatti, ha già annunciato che in caso di vittoria del “No” sarebbe pronto ad appoggiare – magari con l’astensione – un nuovo governo che si occupi esclusivamente di legge elettorale in vista del voto nel 2017.
Italicum, la spaccatura nella minoranza Pd
L’accordo raggiunto ieri tra i vertici del Partito Democratico e Gianni Cuperlo ha prodotto una spaccatura evidente tra maggioranza e minoranza. Lo stesso ex Presidente del partito sembrava essere da qualche giorno la figura più conciliante all’interno del Pd. Basti pensare al selfie con Maria Elena Boschi durante la manifestazione a Roma del 29 ottobre. Stamani, con un’intervista a Repubblica, il deputato triestino ha dichiarato pubblicamente che “voterà Sì” al referendum nonostante le uscite piuttosto critiche nei confronti della riforma costituzionale. Dalla minoranza del Pd però fanno orecchie da mercante. Pierluigi Bersani non ha ancora commentato l’accordo raggiunto e da qualche giorno fa campagna per il “No”, mentre Roberto Speranza e Nico Stumpo parlano di “presa in giro” e di “paginetta fumosa” ricca di “intenti generici e ambigui”. Adesso, si attende la mossa ufficiale del Presidente del Consiglio e segretario del Pd, Matteo Renzi, che nella chiusura della settima Leopolda potrebbe andare all’ultimo attacco nei confronti della minoranza interna. E, a quel punto, la scissione post-referendaria sarebbe cosa fatta.
@salvini_giacomo