Referendum: Renzi conferma dimissioni in caso di sconfitta
La conferma arriva da ‘Repubblica’, secondo il quale – nel backstage, dopo l’intervento conclusivo alla Leopolda – Renzi lo avrebbe garantito. “Se vince il ‘No’ si vota, non mi faccio rosolare da quelli là”. Il premier confermerebbe, quindi, la volontà di dimettersi da capo del governo in caso di sconfitta referendaria. Dopo aver cercato di spersonalizzare attraverso una imponente campagna mediatica, Renzi sembra aver cambiato nuovamente strategia.
Si torna all’ ‘aut-aut’ originario (o quasi). Il premier non vuole lasciare la politica e nemmeno la segreteria del PD. Ma sarebbe disposto a lasciare l’incarico di capo dell’esecutivo. In caso di dimissioni, la palla passerebbe a Mattarella. Il Presidente della Repubblica è incaricato di indire nuove elezioni o, in alternativa, cercare la formazione di un altro governo. È questo il passaggio più dubbioso e incerto.
Nuove elezioni o Renzi-bis?
Le due strade più facilmente percorribili sono le elezioni immediate o un “Renzi-bis”, per un governo di scopo. La prima opzione è quella auspicata dalle opposizioni e, almeno di facciata, dallo stesso premier. Lega Nord e M5S sono i principali sostenitori di questa prospettiva. Salvini – ancor più dei 5 Stelle – cerca di mantenere viva la personalizzazione del referendum e il suo carattere plebiscitario. Con elezioni immediate, si voterebbe con l’italicum per la Camera dei Deputati, e il consultellum per il Senato della Repubblica. Ovvero, maggioritario da un lato, proporzionale dall’altro. L’attuale miscellanea della legge elettorale stimola dubbi sulla bontà di elezioni immediate.
È per questo che si apre strada – con una certa forza – l’idea di un governo di scopo fondato sulla riforma della legge elettorale. Dopo aver modificato l’italicum (grazie all’avallo di Forza Italia e all’aiuto della stessa minoranza dem) si potrebbe tornare alle urne. Questa possibilità è spalleggiata da verdiniani e berlusconiani. Con l’attuale legge elettorale, NCD e FI avrebbero serie difficoltà nel confermare i risultati (in termini di seggi) del 2013. Pertanto, procrastinare le elezioni sarebbe una scelta tattica, per poter prendere tempo e preparare il terreno per la prossima campagna elettorale.
Referendum è sempre più ‘aut-aut’
La decisione del premier di ripersonalizzare il referendum, combinato con la frattura interna al partito, radicalizza ulteriormente il discorso politico. Non c’è solo la riforma costituzionale in ballo. Il futuro del maggior partito di centro-sinistra è in bilico e aleggia lo spettro della scissione. Le elezioni anticipate, senza passare per un governo di scopo, potrebbero portare a un governo di maggioranza assoluta targato M5S. Nonostante i pentastellati si siano dichiarati contrari all’attuale legge elettorale, l’italicum favorirebbe il partito di Grillo (come evidenziano la maggior parte dei sondaggi).
D’altro canto, Renzi gode ancora della fiducia di molti italiani – rimane il leader più amato tra tutti gli esponenti politici -. C’è da credere che, nonostante la possibilità di dimissioni, Renzi non tirerà i remi in barca. Il tutto, ovviamente, solo in caso di vittoria del ‘No’. Per ora, quindi, parliamo ancora di ‘fantapolitica’, anche se questa comincia ad assumere connotati sempre più reali e concreti.