Intergruppi parlamentari, dove la trasparenza non è di casa
Sconosciuti ai più ma soprattutto difficili da conoscere anche per tutti coloro che fossero interessati a farlo. Stiamo parlando degli intergruppi parlamentari, organismi politici informali, che nella maggior parte dei casi riuniscono parlamentari di ogni colore politico e che hanno come obiettivo orientare ed influenzare il dibattito pubblico su specifiche questioni.
Intergruppi parlamentari: dove la trasparenza non è di casa
Abbiamo deciso di approfondire la conoscenza di 20 intergruppi parlamentari (nel dettaglio i primi 20 risultanti da un’attività di google search condotta utilizzando le parole chiave: intergruppi parlamentari italiani) analizzandone tre variabili principali: esistenza di un sito web di riferimento, rintracciabilità dell’elenco dei nominativi degli aderenti ed effetti normativi prodotti dalla loro attività.
Prima di passare ai risultati dell’analisi condotta è bene ricordare che esistono intergruppi parlamentari per tutti i gusti: da quelli “storici” come l’intergruppo parlamentare per la sussidiarietà attivo dal lontano 2003 fino ai più recenti Intergruppi per la legalizzazione della Cannabis e per le E-Cig (sigarette elettroniche).
Reperire le informazioni sui venti intergruppi selezionati non è stato semplice ed in più di un’occasione le uniche fonti informative disponibili da cui attingere sono state degli articoli o dei documenti online risalenti al periodo di fondazione dell’intergruppo o alla presentazione di una iniziativa specifica dello stesso. Sin da subito è stato quindi evidente come l’elemento caratterizzante di questi particolari organismi fosse la mancanza di trasparenza.
Sito Web
Su venti intergruppi selezionati solo tre, vale a dire appena il 15% del campione, dispongono di un sito web di riferimento attivo, aggiornato e funzionante in cui è possibile prendere visione del “manifesto” dell’organismo, delle attività svolte e di quelle programmate per il futuro.
Si rileva che in due casi su tre questo sforzo di trasparenza è stato fatto da intergruppi più “giovani” e dunque di più recente costituzione, l’intergruppo per la legalizzazione della Cannabis e per le E-Cig, nati entrambi nel 2016, mentre per l’altro intergruppo, quello per l’innovazione tecnologica (nato nel 2014), non disporre di un sito web sarebbe stato davvero difficile da spiegare.
Elenco componenti
La situazione migliora, solo lievemente, se si analizza invece quanti di questi intergruppi possiedono un elenco dei propri componenti (il 25%), comprensivo di nome e cognome di ciascun parlamentare iscritto. Ai tre intergruppi sopracitati, in questo caso, si aggiungono altri due: l’intergruppo “Insieme per un impegno contro il cancro” e l’intergruppo parlamentare “Piccole botteghe artigiane”. Va segnalato che non essendoci un sito di riferimento aggiornato è ragionevole ipotizzare che i componenti dei suddetti intergruppi possano cambiare nel corso del tempo e dunque che gli elenchi rintracciati possano essere considerati già obsoleti.
Effetti normativi
Chiudiamo la nostra analisi con la variabile certamente più interessante da esaminare ma anche la più “deludente” a livello di riscontri. In effetti va ricordato che questi gruppi nascono non semplicemente per modificare l’agenda politica del Paese – introducendo nel dibattito politico tematiche ed istanze specifiche che spesso parlano a specifici gruppi d’interesse o a determinate fasce della popolazione italiana – ma anche per ottenere degli effetti normativi concreti.
In questo senso si è riscontrata una efficacia limitata dell’azione degli intergruppi analizzati poiché solo due di questi, ovvero il 10% del campione, possono “vantare” il raggiungimento, almeno parziale, di alcune delle istanze portate nel dibattito pubblico.
Essi sono:
- L’intergruppo parlamentare per la cooperazione allo sviluppo che ha ottenuto un importante riscontro a livello legislativo grazie all’approvazione della nuova legge sulla cooperazione allo sviluppo
- L’intergruppo parlamentare per i problemi sociali dell’Ictus che si è fortemente impegnato per la nascita, lo scorso luglio, dell’Osservatorio nazionale ICTUS Italia che avrà un ruolo importante nella promozione di interventi di carattere normativo, legislativo, tecnico ed economico su prevenzione e cura dell’ictus.
In definitiva, dall’indagine condotta è emerso che questo strumento meriterebbe – per l’influenza che potrebbe avere sull’attività legislativa del Parlamento italiano – di essere regolamentato come avviene a livello europeo sia per concedergli una legittimazione maggiore sia per renderlo più intellegibile per tutti i cittadini del Belpaese.
Marco Sabatini