Unione Europea: Trump pone fine all’austerity?
La vittoria di Trump negli Stati Uniti è stato il maggior campanello d’allarme per l’Europa dell’austerity. “The Donald” ha promesso investimenti importanti, il che ha provocato un effetto collaterale (positivo) sui mercati. La politica di deficit spending che propone il prossimo presidente repubblicano, fa da volano al cambio della politica fiscale europea. Non solo. Le recenti elezioni in Moldavia e Bulgaria dimostrano come l’Unione Europea viva una crisi di legittimità. Stretta nella morsa del cambio di rotta deglli States, e dalla pressione della Russia, l’Unione compie il primo passo verso la fine della politica di austerity.
Unione Europea: l’austerity ha logorato la legittimità delle istituzioni comunitarie
L’Unione, attraverso uno dei suoi massimi rappresentanti, Jean-Claude Juncker, apre alla fine della politica di austerità. Dopo il periodo di rigida austerità che va dal 2010 al 2013, gli ultimi anni sono stati caratterizzati dal regime di flessibilità. Una flessibilità che, tuttavia, non permetteva di incrementare considerevolmente gli investimenti strutturali. In ambo i casi – quindi dal 2010 in poi – il contenimento del deficit è stato un obiettivo prioritario.
Le politiche di austerity hanno logorato il consenso popolare sull’Unione Europea e aperto il passo ai populismi reazionari, oltre che ai riformismi delle nuove sinistre. L’Unione esce sconfitta (tanto direttamente come indirettamente) da una settimana di elezioni decisive. Stati Uniti, Bulgaria, Moldavia. I partiti reazionari e i riformatori critici vedono salire le loro quotazioni per via del cambio del clima politico. L’ascesa al governo di uno qualsiasi di questi partiti può far saltare il banco. Juncker prova a correre immediatamente ai ripari.
Unione Europea: per Juncker, bisogna tornare a investire
Jean-Claude Juncker propone di tornare ad investire, per far riprendere definitivamente l’economia. Raccomanda ai paesi virtuosi (come l’Olanda) di spendere in investimenti produttivi. Anche per i Paesi con un deficit maggiore (Italia, Spagna, Francia) si prospetta una maggior libertà di manovra. Gli investimenti e spese straordinarie dovranno essere giustificate e motivate. Passeranno, quindi, al vaglio della Commissione. Il peso del cambio di rotta dovrebbe essere ancora ridotto e modesto. Tuttavia, è il primo segnale di apertura al cambiamento. La pressione dei partiti critici con l’attuale Unione forzerà le istituzioni comunitarie a un cambio necessario: non solo per ritrovare quella legittimità popolare perduta, ma anche per poter tornare a crescere e superare una crisi che dura, ormai, da quasi una decade.