Anzaldi e quella tassa sui cani non sterilizzati
Finanziaria 2017. Come annunciato nei giorni scorsi da premier Matteo Renzi, sembra scongiurata l’ipotesi dell’aumento delle tasse nella legge di bilancio. Tra le norme stralciate è compresa anche la cosiddetta tassa sui cani.
Il capogruppo alla Camera del Partito Democratico, Ettore Rosato, ha infatti rassicurato: “i sono 5.000 emendamenti. Ne passeranno 100. Fra questi non ci saranno nuove tasse. Né sui cani, né sui gatti, né sui Comuni, né su altro”. Rosato ha fatto riferimento all’emendamento presentato dal democratico Michele Anzaldi.
La norma presentata dal deputato dell’Emilia Romagna aveva come obiettivo quello di combattere il randagismo, mentre di fatto dava ai comuni la facoltà di tassare i cani non sterilizzati. Erano esclusi dalla tassazione gli animali di proprietà di allevatori e pastori. Secondo l’intenzione del legislatore, la norma avrebbe portato a combattere il randagismo con una “promozione della cultura della sterilizzazione per evitare che centinaia di migliaia di cani debbano finire nelle prigioni dei canili”.
Cani, Enpa: “norma che favorisce chi crea randagismo”
Anzaldi ha provato a spiegare il senso della misura: “secondo una proiezione dai dati ufficiali esistenti, la gestione dei 750mila cani randagi in Italia costa alle casse pubbliche circa 5,25 miliardi all’anno. Se si procede con la sterilizzazione, certificata dai medici veterinari abilitati ad accedere all’anagrafe regionale degli animali d’affezione non si sarà tenuti a pagare il contributo” – “secondo le stime, un cane in canile costa al comune da 3 a 8 euro al giorno. Ovvero, tra i 1000 e i 3000 euro all’anno. Evidentemente questa è la retta che i comuni pagano esclusi altri costi come personale, gestione ecc. che devono per forza afferire ad altri capitoli di spesa”.
A nulla sono servite le spiegazioni del legislatore e l’emendamento aveva causato una serie di polemiche. L’Enpa aveva parlato di “favore ai cacciatori e allevatori che creano randagismo”. Un gruppo di senatrici dello stesso Pd, tra cui Monica Cirinnà, avevano chiesto il ritiro dell’emendamento.