Partiamo dalla fine. Dalla conferenza stampa del sindaco di Venezia Orsoni: “ho rassegnato le mie dimissioni”. Nella lettera inviata al presidente del consiglio comunale parla di “estraneità alla politica”. “Reazioni opportunistiche e ipocrite anche da parte della maggioranza mi hanno convinto che non sussistono le condizioni per svolgere le funzioni amministrative”.
Giorgio Orsoni, sindaco di Venezia, dopo il coinvolgimento nello scandalo Mose è tornato in libertà dopo otto giorni agli arresti domiciliari. Il primo cittadino ieri, durante una conferenza stampa, ha ribadito la sua “totale estraneità alle accuse che mi sono state rivolte”, dichiarando, inoltre, che i suoi rapporti con Giovanni Mazzacurati, presidente del consorzio Venezia Nuova, sono avvenuti “su richiesta di alcuni esponenti del partito (Pd) che hanno insistito prima per candidarmi e poi mi chiedevano di caldeggiare finanziamenti alla mia campagna elettorale da parte degli imprenditori”. E aggiunge: “Io chiedevo a lui i fondi su richiesta del partito ma non mi sono mai occupato di organizzare né finanziare alcuna iniziativa elettorale. Non potevo certo sapere che quei soldi provenissero da fondi neri”.
I pm credono alla versione di Orsoni e, nelle pagine di parere di revoca della misura di custodia cautelare trasmesse al giudice per le indagini preliminari, affermano che Orsoni riconduce la sua candidatura “a un’iniziativa del Partito Democratico, alla ricerca di una personalità credibile e idonea ad aggregare un vasto consenso politico”. I giudici hanno dunque accolto la domanda di patteggiamento, proponendo, al giudice per le indagini preliminari a cui spetta la decisione finale, una durata di nove mesi contro i quattro mesi richiesti dal legale del sindaco di Venezia. “Una goccia di sangue che dovevo pagare, poco più di un incidente” ha commentato Orsoni.
“Non ho nulla contro la persona, credo anzi che non abbia intascato nulla per sè”, ha dichiarato il senatore Pd Francesco Russo, “Ma a me interessa, e su quello giudico, che Orsoni abbia patteggiato una pena di quattro mesi ammettendo una responsabilità che lo rende incompatibile con la carica di primo cittadino”. Si sono dichiarati a favore delle dimissioni del primo cittadino anche Debora Serracchiani, vice segretario nazionale Pd e governatore del Friuli Venezia Giulia, e Roger De Menech, segretario regionale del Pd Veneto. “Siamo umanamente dispiaciuti per la condizione in cui si trova Giorgio Orsoni”, si legge in una nota, “ma dopo quanto accaduto ieri, e a seguito di un approfondito confronto con i segretari cittadini provinciale e regionale del Pd, abbiamo maturato la convinzione che non ci siano le condizioni perchè prosegua nel suo mandato di sindaco di Venezia”.
Dura la risposta di Orsoni che durante un’intervista a Repubblica afferma: ” Quello che mi ha veramente amareggiato di tutta questa storia è il comportamento inaccettabile del Partito Democratico, il modo superficiale e farisaico con cui hanno trattato la mia vicenda, e in particolare mi riferisco al suo vertice, Matteo Renzi. Adesso dicono che non mi conoscevano ma fino al giorno prima dell’arresto mi hanno chiesto di ricandidarmi. Anche il premier sa chi sono, io apprezzavo il suo modo di fare politica e ho anche pensato di prendere la tessera. A questo punto non credo che lo farò: l’unico che mi ha chiamato dopo la revoca dei domiciliari è stato Fassino. Gli altri sono spariti”.