Sud Sudan: embargo sulle armi ultima scelta di Obama
Il Sud Sudan è il paese più giovane al mondo: nasce nel gennaio del 2011 a seguito di un referendum che di fatto ha decretato la scissione del Sudan dopo che, nel 2005, si erano conclusi venti anni di sanguinosa guerra civile tra le forze armate governative e le milizie per la libertà del Sud Sudan – che poi sarebbero diventate l’esercito del paese (appoggiato dall’Occidente e, in particolar modo, dagli Stati Uniti). Nel 2013, però, anche lo stesso Sud Sudan è stato travolto da guerra civile che ha visto protagoniste le forze fedeli al presidente Kiir (al governo dall’indipendenza del paese) e l’ex vicepresidente Machar, alla guida delle proprie milizie. Il sanguinoso conflitto affonda le sue radici nello scontro tra etnie rivali a cui appartengono rispettivamente le due personalità che, anche dopo la nascita del paese, a distanza di decenni, non si è mai sedato. Tale scontro è stato ancora di più acceso dalla decisione del parlamento, risalente al marzo 2015, di rinnovare per altri tre anni il mandato del presidente senza mantenere la promessa delle elezioni. Il conflitto intanto ha costretto migliaia di persone a fuggire attraverso i corridoi umanitari dall’ONU: continua a produrre non solo fame, malnutrizione e arruolamenti forzati di minori ma anche violenze efferate che sono alla base della decisione USA.
Sud Sudan: embargo sulle armi ultima scelta di Obama
Infatti, (presumibilmente) alla base dell’ultima scelta in tema di politica estera dell’amministrazione Obama ci sarebbe un documento dell’ONU nel quale milioni di civili sud sudanesi accusano il governo di compiere atrocità come stupri e violenze sessuali su minori oppure la castrazione dei ragazzi ed ancora la messa al rogo di giovani donne. Molti di questi eventi non vengono raccontati a causa sia della pessima situazione in cui si trovano i media locali sia per la mancanza di strade che impedisce di raccogliere tutte le informazioni necessarie. Da Washington, al momento, non si sono precisate le tempistiche riguardanti le sanzioni né se esse riguarderanno esclusivamente il presidente Kiir e il suo rivale nonché vicepresidente Machar oppure i rispettivi eserciti.
Intanto, dall’ambasciata americana in Sud Sudan si rende noto che l’amministrazione Obama non era inizialmente d’accordo ad imporre delle sanzioni. Tuttavia, dopo false promesse e immagini di una pace di facciata, è stato necessario intervenire. La decisione verrà giustificata, quindi, dalla violazione di trattati di pace e dei trattati sulla tutela dei diritti umani. L’opposizione all’embargo è arrivata solamente dalla Russia (come gli Stati Uniti, Mosca ha il potere di veto nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite) che avrebbe paragonato la scelta di Obama ad una manifestazione di irresponsabilità per poi far sapere che il tutto renderebbe ancora più difficili le operazioni di “peace-keeping”.
Michele Mastrulli