Secondo una ricostruzione fatta da La Stampa, il premier Matteo Renzi starebbe pensando di anticipare i tempi e convocare il Congresso Pd, previsto per la fine del 2017, alla primavera del prossimo anno.
A otto giorni dalla sentenza delle urne, Matteo Renzi, ha deciso di bruciare i tempi. Comunque vada, anche se perdesse di misura, subito dopo il referendum, riunirà la Direzione del Pd per la convocazione del congresso per febbraio-marzo. Una mossa con un doppio scopo, strategico e tattico: provare a riconquistare il consenso popolare, con le primarie per la candidatura a premier-segretario. Secondo, impedire alla minoranza bersaniana di riorganizzarsi. Con una maggioranza ampia in Direzione, Renzi potrebbe anche attivare una procedura accelerata, che anticipi la scadenza naturale di fine 2017, per arrivare al congresso a febbraio, magari anche solo con le primarie. «Così a botta calda sfiderà il Paese, una sorta di rivincita e di riaffermazione della leadership nel suo campo», spiegano i suoi. Un contropiede, giocando d’anticipo, con un occhio a possibili elezioni politiche anticipate, per imporre a Bersani e compagni di mettere subito le carte sul tavolo. «Insomma, loro si tengono Speranza che Matteo non teme e la piattaforma congressuale di separare segretario e premier, magari proponendo un ticket con Letta al governo», questo dicono dalle parti del Nazareno.
Congresso Pd, le incognite
Eppure, stando a quanto raccolto dal quotidiano torinese, per Renzi il Congresso “non sarà una passeggiata” come molti pensano. L’appuntamento congressuale è infatti strettamente collegato ad un altro appuntamento ben più importante, quello delle politiche. Le correnti in cui è diviso il Pd, renziani, bersaniani, veltroniani, franceschiniani, dalemiani, potrebbero chiedere il conto all’attuale segretario in vista delle elezioni. Nel caso in cui venissero ricandidati l’appoggio a Renzi sarebbe garantito, altrimenti è possibile che qualcuno cominci a mettere i bastoni tra le ruote al premier.
Congresso Pd, i nomi
Ad oggi, l’unico ad essersi candidato al Congresso è Enrico Rossi, governatore della Toscana, ma si fanno i nomi del ministro Maurizio Martina, di Roberto Speranza e del governatore pugliese Michele Emiliano, considerato da tutti il vero anti-Renzi.
La ricostruzione fatta da La Stampa, per ora, è un mero esercizio di fantasia. Tutto infatti dipenderà dall’esito del voto del 4 dicembre che deciderà i destini di molti. Dovesse vincere il Sì non è escluso che la minoranza Pd capeggiata da Bersani e Speranza scelga di divorziare e andare verso altri lidi. L’ex premier Massimo D’Alema ha paventato l’ipotesi ma uscire dal Partito significherebbe scegliere l’irrilevanza politica. Tutto è ancora in gioco,