Referendum costituzionale: Credit Suisse e il “Sì” dell’incertezza
Lo scenario è davvero composito, variegato e variopinto. Basta fare una rapida ricognizione all’interno della massa critica dell’informazione, una breve rassegna stampa o anche analizzare velocemente i dati nazionali dei motori di ricerca. Istituzioni di osservazione economica, sociale, enti di studio statistico quantitativo, stanno in queste ore architettando un florilegio di ipotesi e distopie, futuri indesiderabili e rosee città di Moro, intorno alla querelle del prossimo referendum costituzionale del 4 dicembre. Cosa avverrà dopo? Se, infatti, entrambe le fazioni in campo hanno in queste ore teso a rassicurare la pubblica opinione, il presidente del Consiglio Renzi ha escluso “le cavallette a partire dalla giornata del 5”, Beppe Grillo ha ironicamente placato gli animi dell’elettorato e Silvio Berlusconi ha smentito la “favola della difficoltà dei mercati in caso di vittoria del ‘No'”, sembra, ciò nonostante, che la torta della profezia controfattuale ingolosisca parecchi. Sono ancora fresche, ad esempio, le ultime previsioni fatte dal Financial Times.
Referendum costituzionale: Credit Suisse e il 4 dicembre
Cosa c’entra Credit Suisse, un istituto finanziario transalpino, con le sorti di una proposta di riforma? Ebbene a prima vista davvero poco, eppure l’affresco ipotetico disegnato dal gruppo di Credito svizzero, con la complicità dell’intero settore bancario italiano ad oggi altalenante anche in vista delle decisioni che matureranno dal referendum costituzionale in avanti, avrà certamente il merito di non far dormire sonni tranquilli all’equilibrio del sistema.
Bisognerà però distinguere ciò che è pura propaganda di fazione dal reale stato delle cose. Secondo la società di mercato e finanza, palesando così una linea di ragionamento diversa da quelle tenute in questi giorni dai fautori dell’imponderabilità legata alle ragioni del “No”, sarebbe invece l’eventuale vittoria del “Sì” a creare maggiori problematiche nel medio e lungo periodo. Inoltre, la banca d’affari elvetica ha paventato un indebolimento politico di Matteo Renzi, legandolo ad una ascesa del Movimento 5 Stelle. “Il sistema elettorale, infatti, darebbe la possibilità al Movimento 5 Stelle di ottenere una forte maggioranza alla Camera. Quindi se da un lato la vittoria del ‘No’ può essere ostica nel breve termine, nel medio termine ridurrebbe le possibilità di governo dei 5 Stelle”.
Referendum costituzionale: alcune delucidazioni utili
Il termine di paragone è certo plausibile sempre che, in tutto questo guazzabuglio, si riesca a discernere ciò di cui si parla. Del resto, né l’affermazione del “Sì”, né il successo del “No” cambierebbero una virgola dell’attuale sistema di elezione. Esso rimarrebbe l’Italicum, per la Camera dei deputati, così come approvato ed in vigore dal primo luglio scorso, in attesa del verdetto della Consulta che comunque non arriverà che dopo il referendum costituzionale. La questione legata alla legge elettorale, e che i più critici sostenitori del “No” al Disegno di legge Renzi-Boschi designano come il “combinato disposto“, non rappresenta la materia della riforma in questione, nonostante ne sia in parte legata visti i cambiamenti cui potrebbe andare incontro il Senato.
Gli ultimi sondaggi hanno visto nei mesi un arco di gittata del “No”, in termini percentuali, sempre più ampio rispetto alle fortune del “Sì”. Termometropolitico.it si è impegnato in un raffronto caso per caso prelevando ed aggregando in un grafico di funzione, grazie ad una valutazione induttiva, le percentuali offerte dai più importati istituti di demoscopia presenti in Italia.
Riccardo Piazza